Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Un cammino insieme ai popoli indigeni, fatto di “memoria, riconciliazione e guarigione”, dal quale “scaturisce la speranza per la Chiesa, in Canada e in ogni luogo”, e un invito a tutti a recuperare “un’armonia tra la modernità e le culture ancestrali, tra la secolarizzazione e i valori spirituali”, da parte della Chiesa, chiamata a “seminare una fraternità universale che rispetta e promuove” le molte ricchezze della “dimensione locale”.
Ci sono stati anche momenti “molto dolorosi” nei quali “ho dovuto sentire come schiaffi dal dolore di quella gente, gli anziani che hanno perso i figli e non sapevano dove sono finiti, per questa politica di assimilazione”. Ma si doveva mettere la faccia “davanti ai nostri errori, ai nostri peccati”.
Così Papa Francesco definisce i tratti principali del “pellegrinaggio penitenziale” in Canada, dal 24 al 30 luglio, nella catechesi dell’udienza generale, la prima dopo la sospensione del mese di luglio.
Le tre grandi tappe del viaggio: Edmonton, Quèbec e Iqaluit
Il Papa ripercorre tutte le grandi tappe del viaggio apostolico, da Edmonton a Quèbec fino ad Iqaluit, e ricorda di aver ribadito alle autorità del Paese, ai capi indigeni e al corpo diplomatico, la volontà “fattiva” della Santa Sede e delle Chiese locali “di promuovere le culture originarie, con percorsi spirituali appropriati e con l’attenzione alle usanze e alle lingue dei popoli”.
E sottolinea la denuncia della “mentalità colonizzatrice” che oggi si presenta “sotto varie forme di colonizzazioni ideologiche, che minacciano le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli, appiattendo le differenze” e trascurando spesso “i doveri verso i più deboli e fragili”.
A tutte le popolazioni originarie, Francesco chiede di seguire l’esempio della “fortezza e l’azione pacifica dei popoli indigeni del Canada”, per non chiudersi, ma offrire invece “il loro indispensabile contributo per un’umanità più fraterna, che sappia amare il creato e il Creatore”.
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