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Papa Francesco benedice i bambinelli all’Angelus e poi ricorda: ‘Con Gesù il deserto fiorisce!’

L’Avvento, tempo di grazia, ci dice che non basta credere in Dio- sono le parole prima dell’Angelus di questa domenica pronunciate da Papa Francesco in questa domenica di Avvento – è necessario ogni giorno purificare la nostra fede. Si tratta di prepararsi ad accogliere non un personaggio da fiaba, ma il Dio che ci interpella, ci coinvolge e davanti al quale si impone una scelta

Angelus in San Pietro

Le parole di Papa Francesco prima dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! In questa terza Domenica di Avvento, detta domenica “della gioia”, la Parola di Dio ci invita da una parte alla gioia, e dall’altra alla consapevolezza che l’esistenza include anche momenti di dubbio, nei quali si fa fatica a credere.

Gioia e dubbio sono entrambe esperienze che fanno parte della nostra vita.All’esplicito invito alla gioia del profeta Isaia: «Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa» (35,1), si contrappone nel Vangelo il dubbio di Giovanni Battista: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). In effetti, il profeta vede al di là della situazione: egli ha davanti a sé gente scoraggiata: mani fiacche, ginocchia vacillanti, cuori smarriti (cfr 35,3-4). È la stessa realtà che in ogni tempo mette alla prova la fede.

Ma l’uomo di Dio guarda oltre, perché lo Spirito Santo fa sentire al suo cuore la potenza della sua promessa, ed egli annuncia la salvezza: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, […] Egli viene a salvarvi» (v. 4). E allora tutto si trasforma: il deserto fiorisce, la consolazione e la gioia si impadroniscono degli smarriti di cuore, lo zoppo, il cieco, il muto sono risanati (cfr vv. 5-6). È ciò che si realizza con Gesù: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,5). 

La benedizione dei bambinelli

Tale descrizione ci mostra che la salvezza avvolge tutto l’uomo e lo rigenera. Ma questa nuova nascita, con la gioia che l’accompagna, sempre presuppone un morire a noi stessi e al peccato che c’è in noi. Da qui deriva il richiamo alla conversione, che è alla base della predicazione sia del Battista sia di Gesù; in particolare, si tratta di convertire l’idea che abbiamo di Dio. E il tempo di Avvento ci stimola a questo proprio con l’interrogativo che Giovanni Battista pone a Gesù: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). 
Pensiamo: per tutta la vita Giovanni ha atteso il Messia; il suo stile di vita, il suo stesso corpo è plasmato da questa attesa. Anche per questo Gesù lo elogia con quelle parole: nessuno è più grande di lui tra i nati di donna (cfr Mt 11,11). Eppure, anche lui ha dovuto convertirsi a Gesù. Come Giovanni, anche noi siamo chiamati a riconoscere il volto che Dio ha scelto di assumere in Gesù Cristo, umile e misericordioso. L’Avvento, tempo di grazia, ci dice che non basta credere in Dio: è necessario ogni giorno purificare la nostra fede. Si tratta di prepararsi ad accogliere non un personaggio da fiaba, ma il Dio che ci interpella, ci coinvolge e davanti al quale si impone una scelta.


Il Bambino che giace nel presepe ha il volto dei nostri fratelli e sorelle più bisognosi, dei poveri che «sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi» (Lett. ap. Admirabile signum, 6). 

La Vergine Maria ci aiuti, perché, mentre ci avviciniamo al Natale, non ci lasciamo distrarre dalle cose esteriori, ma facciamo spazio nel cuore a Colui che è già venuto e vuole venire ancora a guarire le nostre malattie e a darci la sua gioia.

I saluti del Papa dopo l’Angelus e la benedizione dei Bambinelli del Presepe

Cari fratelli e sorelle!
Saluto tutti voi, famiglie, gruppi parrocchiali e associazioni, che siete venuti da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare saluto i pellegrini della Corea, di Valencia e il gruppo di Rotzo (VI). Saluto voi, cari ragazzi, che siete venuti con le statuine di Gesù Bambino per il vostro presepe. Alzate le statuine … Le benedico di cuore. Come ho ricordato nella Lettera Admirabile signum, «il presepe è come un Vangelo vivo. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui» (n. 1).

Tra meno di un anno, dal 13 al 20 settembre 2020, si celebrerà a Budapest il 52° Congresso Eucaristico Internazionale. I Congressi Eucaristici, da più di un secolo, ricordano che al centro della vita della Chiesa c’è l’Eucaristia. Il tema del prossimo Congresso sarà «Sono in te tutte le mie sorgenti» (Sal 87,7). Preghiamo che «l’evento eucaristico di Budapest possa favorire nelle comunità cristiane processi di rinnovamento.


A tutti auguro una buona domenica e una buona Novena del Natale, che inizierà domani. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

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