Conclusa la visita all’Ospedale Pediatrico “Niños de Acosta Ñú” di Asunción, questa mattina il Santo Padre Francesco ha raggiunto in auto il Santuario mariano di Caacupé per celebrare la Santa Messa. Prima di entrare in Basilica, dove ha venerato la “Virgen de la Inmaculada Concepción de los Milagros”, sul sagrato del Santuario ha ricevuto dal Sindaco le Chiavi della città. Alle ore 10.30 il Papa ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nel piazzale del Santuario mariano. Pubblichiamo di seguito l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:
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Omelia del Santo Padre
Trovarmi qui con voi è sentirmi a casa, ai piedi di nostra Madre la Vergine dei Miracoli di Caacupé. In un santuario noi figli ci incontriamo con nostra Madre e tra noi ricordiamo che siamo fratelli. E’ un luogo di festa, di incontro, di famiglia. Veniamo a presentare le nostre necessità, veniamo a ringraziare, a chiedere perdono e a cominciare di nuovo. Quanti battesimi, quante vocazioni sacerdotali e religiose, quanti fidanzamenti e matrimoni sono nati ai piedi di nostra Madre! Quante lacrime e quanti addii! Veniamo sempre con la nostra vita, perché qui siamo a casa e la cosa migliore è sapere che c’è qualcuno che ci aspetta.
Come tante altre volte, siamo venuti perché vogliamo rinnovare le nostre energie per vivere la gioia del Vangelo.
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Come non riconoscere che questo Santuario è una parte vitale del popolo paraguayano, di voi? Così lo sentono, così lo pregano, così lo cantano: «Nel tuo Eden di Caacupé, è il tuo popolo Vergine pura che ti dà il suo amore e la sua fede». E oggi siamo qui come Popolo di Dio, ai piedi di nostra Madre, a darle il nostro amore e la nostra fede.
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Nel Vangelo abbiamo appena ascoltato l’annuncio dell’Angelo a Maria che le dice: «Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te». Rallegrati, Maria, rallegrati. Davanti a questo saluto, lei restò sconcertata e si domandava che cosa volesse dire. Non capiva molto che cosa stava succedendo. Ma comprese che veniva da Dio e disse “sì”. Maria è la Madre del sì. Sì al sogno di Dio, sì al progetto di Dio, sì alla volontà di Dio.
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Un “sì” che, come sappiamo, non fu per niente facile da vivere. Un “sì” che non la riempì di privilegi o distinzioni, ma che, come le dirà Simeone nella sua profezia: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,35). Eccome l’ha trafitta! Per questo la amiamo tanto e troviamo in lei una vera Madre che ci aiuta a tenere vive la fede e la speranza in mezzo a situazioni complicate. Seguendo la profezia di Simeone, ci farà bene ripercorrere brevemente tre momenti difficili della vita di Maria.
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1. La nascita di Gesù. «Non c’era posto per loro» (Lc 2,7). Non avevano una casa, un’abitazione per accogliere il loro figlio. Non c’era spazio per poterlo dare alla luce. E nemmeno la famiglia vicina, erano soli. L’unico posto disponibile era una stalla di animali. E nella sua memoria sicuramente risuonavano le parole dell’Angelo: «Rallegrati, Maria, il Signore è con te». E avrebbe potuto chiedersi: Dov’è adesso?
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2. La fuga in Egitto. Dovettero partire, andare in esilio. Là non solo non avevano un posto, una famiglia, ma anche la loro vita era in pericolo. Dovettero mettersi in cammino e andare in terra straniera. Furono migranti per l’avidità e l’avarizia dell’imperatore. E là avrebbe potuto chiedersi: Dov’è quello che mi ha detto l’Angelo?
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3. La morte sulla croce. Non deve esistere situazione più difficile per una madre che accompagnare la morte di un figlio. Sono momenti strazianti. Ed ecco vediamo Maria, ai piedi della croce, come ogni madre, salda, senza venir meno, che accompagna suo Figlio fino all’estremo della morte e della morte in croce. (…) E poi che tiene uniti e sostiene i discepoli.
Vediamo la sua vita, e ci sentiamo compresi, capiti. Possiamo sederci a pregare e usare un linguaggio comune davanti a una serie di situazioni che viviamo ogni giorno. Ci possiamo identificare in molte situazioni della sua vita. Raccontarle le nostre realtà perché lei le comprende.
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Lei è la donna di fede, è la Madre della Chiesa, lei ha creduto. La sua vita è testimonianza che Dio non delude, non abbandona il suo Popolo, anche se ci sono momenti o situazioni in cui sembra che Lui non ci sia. Lei è stata la prima discepola che ha accompagnato il suo Figlio e ha sostenuto la speranza degli apostoli nei momenti difficili. (…) E’ stata la donna che stava attenta e ha saputo dire – quando sembrava che la gioia e la festa stava finendo –: «Non hanno vino» (Gv 2,3). E’ stata la donna che ha saputo andare e stare con la cugina Elisabetta «circa tre mesi» (Lc 1,56), perché non fosse sola nel suo parto.(…)
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Tutto questo lo sappiamo dal Vangelo, ma sappiamo anche che, in questa terra, è la Madre che è stata al nostro fianco in tante situazioni difficili. Questo Santuario custodisce gelosamente la memoria di un popolo che sa che Maria è Madre ed è stata e rimane accanto ai suoi figli. E’ stata e rimane nei nostri ospedali, nelle nostre scuole, nelle nostre case. E’ stata e rimane con noi nel lavoro e nel cammino. E’ stata e rimane alla mensa di ogni casa. E’ stata e rimane nella formazione della Patria, facendo di noi una Nazione. Sempre con una presenza discreta e silenziosa. Nello sguardo di un’effigie, di un’immaginetta o di una medaglia. Sotto il segno di un rosario, sappiamo che non siamo soli.
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Perché? Perché Maria ha voluto rimanere in mezzo al suo Popolo, con i suoi figli, con la sua famiglia. Seguendo sempre Gesù, dalla parte della folla. Non ha voluto, da buona madre, abbandonare i suoi, ma al contrario sempre si è fatta trovare là dove il figlio poteva avere bisogno di lei. E questo, solo perché è Madre.
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Una Madre che ha imparato ad ascoltare e a vivere in mezzo a tante difficoltà da quel: «Non temere», «il Signore con te» (Lc 1,30.28). Una Madre che continua a dirci: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5).(…) E’ il suo invito costante e continuo: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Non ha un programma proprio, non viene a dirci nulla di nuovo, soltanto la sua fede accompagna la nostra fede.
Voi lo sapete, avete fatto esperienza di questo che stiamo condividendo. Tutti voi, tutti i paraguayani hanno la memoria viva di un Popolo che ha fatto carne queste parole del Vangelo. E vorrei riferirmi in modo speciale a voi donne e madri paraguayane, che con gran coraggio e abnegazione, avete saputo rialzare un Paese distrutto, sprofondato, sommerso dalla guerra. Voi avete la memoria, il patrimonio genetico di quelle che hanno ricostruito la vita, la fede, la dignità del vostro Popolo. Come Maria, avete vissuto situazioni molto ma molto difficili, che secondo una logica comune sarebbero contrarie ad ogni fede. Voi, invece, come Maria, spinte e sostenute dal suo esempio, avete continuato a credere, anche «sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18). Quando tutto sembrava crollare, insieme a Maria vi dicevate: Non temiamo, il Signore è con noi, è col nostro Popolo, con le nostre famiglie, facciamo quello che Lui ci dice. E lì avete trovato ieri e trovate oggi la forza per non lasciare che questa terra finisca nel caos. Dio benedica questa tenacia, Dio benedica e conforti la vostra fede, Dio benedica la donna paraguayana, la più gloriosa d’America.
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Come Popolo, siamo venuti alla nostra casa, alla casa della Patria paraguayana, ad ascoltare ancora una volta queste parole che ci fanno tanto bene: «Rallegrati, … il Signore è con te». E’ un appello a non perdere la memoria, le radici, le tante testimonianze che avete ricevuto di gente credente e messa a rischio dalle sue lotte. Una fede che si è fatta vita, una vita che si è fatta speranza e una speranza che ci porta a precedere nella carità. Sì, alla maniera di Gesù, precedere nell’amore. Siate voi i portatori di questa fede, di questa vita, di questa speranza. Siate voi i paraguayani i costruttori di questo oggi e domani paraguayano.
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Tornando a guardare l’immagine di Maria, vi invito a dire insieme: «Nel tuo Eden di Caacupé, è il tuo popolo Vergine pura che ti dà il suo amore e la sua fede». (…) Prega per noi, Santa Madre di Dio, affinché siamo degni di ottenere le promesse e le grazie del nostro Signore Gesù Cristo. Amen.
A cura di Redazione Papaboys fonti: Il Sismografo / tweet in tempo reale di Alessandro Ginotta
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