Seconda tappa della visita del Papa a Genova, è l’incontro in Cattedrale con i vescovi della Liguria, il clero, i religiosi, i seminaristi e i collaboratori laici. Anche qui Francesco risponde ad alcune domande. Un parroco chiede come vivere un’intensa vita spirituale nella complessità della vita moderna e dei compiti anche amministrativi, che tendono a far vivere “dispersi e frantumati”.
“Più imitiamo lo stile di Gesù – ha esordito il Papa – più faremo bene il nostro lavoro di pastori. E questo è il criterio fondamentale: lo stile di Gesù. Come era lo stile di Gesù come pastore? Sempre Gesù era in cammino. E i Vangeli, con le sfumature proprie di ognuno, ma sempre ci fanno vedere Gesù in cammino, in mezzo alla gente, la “folla” dice il Vangelo. Distingue bene il Vangelo i discepoli, la folla, i dottori della legge: i sadducei, i farisei … Ma distingue il Vangelo questo: è curioso. E Gesù era nella folla; se noi possiamo immaginare com’era l’orario della giornata di Gesù, leggendo i Vangeli possiamo dire che la maggior parte del tempo lo passava sulla strada. Questo vuol dire vicinanza alla gente, vicinanza ai problemi: non si nascondeva. Poi, alla sera tante volte si nascondeva per pregare, per essere con il Padre. E queste due cose, questo modo di vedere Gesù in strada e pregando, aiuta tanto per la nostra vita quotidiana che non è in strada, è in fretta
: sono cose diverse”.Il Papa prosegue: “Di Gesù si dice che forse era un po’ in fretta quando andava verso la Passione: ‘decisamente’ è andato a Gerusalemme. Ma un po’ questa abitudine, questo modo impazzito sempre guardando l’orologio – “devo fare questo, questo, questo… – questo non è un modo pastorale: Gesù non faceva questo. Gesù mai è stato fermo. E, come tutti quelli che camminano, Gesù era esposto alla dispersione, a essere frantumato. Per questo mi piace la domanda perché si vede che nasce da un uomo che cammina e non è statico. Non dobbiamo avere paura del movimento e della dispersione del nostro tempo. Ma la paura più grande alla quale dobbiamo pensare, che dobbiamo immaginare, è una vita statica: una vita del prete che ha tutto ben risolto, tutto in ordine, strutturato, tutto è al suo posto, gli orari – a quale ora si apre la segreteria, il tempio si chiude a tale ora – tutte…: io ho paura del prete statico. Ho paura, anche quando è statico nella preghiera, io prego da tale ora a tale ora. “Ma non ti viene voglia di andare a passare con il Signore un’ora di più per guardarlo e lasciarti guardare da Lui?”. Questa è la domanda che io dirò al prete statico, che ha tutto perfetto, organizzato… Io dirò che una vita così, tanto strutturata, non è una vita cristiana. Forse quel parroco è un buon imprenditore, ma io mi domando: è cristiano? O almeno vive come cristiano? Sì, celebra la Messa – sì, sì – ma lo stile è uno stile cristiano? O è un credente: un buon uomo, vive in grazia di Dio, ma con uno stile di imprenditore”.
“Gesù sempre è stato un uomo di strada, un uomo di cammino, un uomo aperto alle sorprese di Dio. Invece, il sacerdote che ha tutto pianificato, tutto strutturato, generalmente è chiuso alle sorprese di Dio e si perde quella gioia della sorpresa dell’incontro. Il Signore ti prende quando non l’aspetti, ma sei aperto. Un primo criterio è non avere paura di questa tensione che ci tocca vivere: noi siamo in strada, il mondo è così. È un segno di vita, di vitalità: il papà, una mamma, un educatore sempre è esposto a questo e vive la tensione. Un cuore che ama, che si dà, sempre vivrà così: esposto a questa tensione. E anche qualcuno può fare la fantasia che: “Ah io mi farò prete di clausura, suora di clausura, e così non avrò questa tensione”. Ma anche i padri del deserto andavano al deserto per lottare di più. Quella lotta, quella tensione”.
I Vangeli – prosegue il Papa – ci fanno vedere due momenti di Gesù, che sono forti: “l’incontro con il Padre e l’incontro con le persone. E la maggioranza delle persone con le quali si incontrava Gesù era gente che aveva bisogno, gente bisognosa – malati, indemoniati, peccatori – anche gente emarginata: lebbrosi. E l’incontro con il Padre: nell’incontro con il Padre e l’incontro con i suoi fratelli, lì si dà questa tensione: tutto si deve vivere in questa chiave dell’incontro. Tu, sacerdote, ti incontri con Dio, con il Padre, con Gesù nell’Eucaristia, con i fedeli: ti incontri. Non c’è un muro che impedisca l’incontro; non c’è una formalità troppo rigida che impedisca l’incontro. Per esempio la preghiera: tu puoi stare un’ora davanti al Tabernacolo, ma pregando senza incontrare il Signore; pregando come un pappagallo … ma tu perdi tempo così! La preghiera: se tu preghi, prega e incontra il Signora, stai zitto, lasciati guardare dal Signore…”.
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Fonte: Radio Vaticana
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