Gli uomini cercano l’amore fin dal primo giorno della vita, “siamo mendicanti di amore”, ma si sperimenta spesso che le relazioni d’amore sono segnate da “limiti” ed “egoismo”, desiderio di possesso e manipolazione.
Nella catechesi all’udienza generale, stamani in Aula Paolo VI, Papa Francesco traccia questa analisi esistenziale sull’amore umano e ricorda che esiste però un altro amore: quello del Padre “che è nei cieli”. Nessuno deve dubitare. Dio “ci ama”, “mi ama”, ribadisce, ricordando che “se anche nostro padre e nostra madre non ci avessero amato – un’ipotesi storica –, c’è un Dio nei cieli che ci ama come nessuno su questa terra ha mai fatto e potrà mai fare ”.
L’amore di Dio è costante sempre. Dice il profeta Isaia – ascoltate che bello è questo: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» (49,15-16).
Oggi è di moda il tatuaggio: “Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato”. Ho fatto un tatuaggio di te sulle mie mani. Io sono nelle mani di Dio, così, e non posso toglierlo. L’amore di Dio è come l’amore di una madre, che mai si può dimenticare. E se una madre si dimentica? “Io non mi dimenticherò”, dice. Questo è l’amore perfetto di Dio, così siamo amati da Lui.
Quindi “se anche tutti i nostri amori terreni si sgretolassero e non ci restasse in mano altro che polvere, c’è sempre per tutti noi, ardente, l’amore unico di Dio”, sottolinea ancora Francesco.
Per pregare bisogna entrare nel mistero della “paternità di Dio”, nella consapevolezza che “Dio è tuo padre”, altrimenti “non preghi”, dice il Papa. Viene quindi spontaneo pensare alle figure dei nostri genitori, ma dobbiamo in qualche modo purificarle, raffinarle, avverte richiamando anche il Catechismo della Chiesa Cattolica. “Nessuno di noi ha avuto genitori perfetti” e anche noi “non saremo mai genitori, o pastori, perfetti” perché – spiega il Papa – “le nostre relazioni di amore sono spesso “inquinate da desideri di possesso o di manipolazione dell’altro”. Così che a volte “le dichiarazioni di amore si tramutano in sentimenti di rabbia e ostilità”.
“Questi due si amavano tanto, la settimana scorsa, oggi si odiano a morte: questo lo vediamo tutti i giorni!”, nota il Pontefice perché a volte escono le radici amare che abbiamo dentro, e fanno del male.
L’amore di Dio è infatti quello del Padre che è nei cieli, come insegna Gesù nel Padre Nostro, amore totale che in questa vita “assaporiamo solo in maniera imperfetta”. L’espressione “nei cieli” non indica quindi una lontananza ma “una diversità radicale di amore, un’altra dimensione di amore, un amore instancabile, un amore che sempre rimarrà”. Basta dire “Padre nostro che sei nei Cieli”, e quell’amore viene, ricorda il Papa.
Pertanto, non temere! Nessuno di noi è solo. Se anche per sventura il tuo padre terreno si fosse dimenticato di te e tu fossi in rancore con lui, non ti è negata l’esperienza fondamentale della fede cristiana: quella di sapere che sei figlio amatissimo di Dio, e che non c’è niente nella vita che possa spegnere il suo amore appassionato per te.
Nella catechesi Francesco si sofferma su come viene vissuto l’amore. “Gli uomini e le donne sono eternamente mendicanti di amore”, cercano un luogo dove essere finalmente amati, ma non lo trovano. “Quante amicizie e quanti amori delusi ci sono nel nostro mondo!”, esclama.
Desiderosi di voler bene, ci siamo poi scontrati con i nostri limiti, con la povertà delle nostre forze. Incapaci di mantenere una promessa che nei giorni di grazia ci sembrava facile da realizzare. In fondo anche l’apostolo Pietro ha avuto paura e ha dovuto fuggire. L’apostolo Pietro non è stato fedele all’amore di Gesù. Sempre c’è questa debolezza che ci fa cadere. Siamo mendicanti che nel cammino rischiano di non trovare mai completamente quel tesoro che cercano fin dal primo giorno della loro vita: l’amore.
Proprio la “fame d’amore” che tutti sentiamo è l’invito a conoscere Dio che è Padre. Per questa esperienza è passata la conversione del brillante oratore, sant’Agostino, che cercava fra le creature quello che nessuna gli poteva dare finché non ha conosciuto Dio.
Nei saluti ai pellegrini in lingua italiana, al termine della catechesi, ha voluto ricordare che venerdì prossimo è la festa della Cattedra di San Pietro Apostolo e ha chiesto di pregare per lui e “per il mio ministero – dice – affinché confermi sempre e ovunque i fratelli nella fede”.
Fonte vaticannews.va – Debora Donnini
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