“Chi crede in Gesù non può essere triste”, perché “il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste”. Papa Francesco cita un passo del “Vangelo del coraggio” di don Tonino Bello, nel discorso rivolto ai circa 1.700 pellegrini delle diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca e di Molfetta-Ruva-Giovinazzo-Terlizzi ricevuti questa mattina in Aula Paolo Vi e accompagnati da mons. Vito Angiuli e mons. Domenico Cornacchia. “Non contristatevi per nessuna amarezza di casa vostra o per qualsiasi altra amarezza. Non contristate la vostra vita”, affermava il vescovo pugliese, la cui tomba è stata visitata da Papa Francesco lo scorso aprile nel venticinquesimo anniversario della sua morte:
Facciamo nostra la raccomandazione a “non contristarci mai”: se la metteremo in pratica porteremo il tesoro della gioia di Dio nelle povertà dell’uomo d’oggi. Infatti, chi si contrista rimane solo.
Solo, come chi sparla di tutti e “fa delle chiacchere”, spiega il Papa. Persone che hanno il cuore triste perché “chi si contrista rimane solo, non ha amici, ha alleati”:
Vede solo la parte oscura della vita. Forse è tutto bello, tutto bianco, tutto luminoso, ma lui o lei, vede la macchia, vede l’ombra in negativo.
“Chi invece mette il Signore prima dei problemi, ritrova la gioia”, dice il Papa, e allora smette di piangersi addosso e, anziché contristarsi”, “incomincia a fare il contrario: consolare, aiutare”.
Stasera inizia il tempo di Avvento, “tempo di consolazione e speranza”, inizia un nuovo anno liturgico, “che porta con sé la novità del nostro Dio, che è il Dio di ogni consolazione” e l’invito del Papa è quello a guardarsi dentro e a vedere che “tutte le novità, anche quelle a gettito continuo di oggi, non bastano a saziare le nostre attese”. È il “Dio delle sorprese”, che cambia i piani come fece con San Giuseppe prima della fuga in Egitto.
È bello attendere la novità di Dio nella vita: non vivere “di attese” che poi magari non si realizzano, ma vivere “in attesa”, cioè desiderare il Signore che sempre porta novità. Sempre! Lui non si ripete mai È importante saperlo attendere. Non si attende Dio con le mani in mano, ma attivi nell’amore.
“Noi cristiani siamo chiamati a custodire e diffondere la gioia dell’attesa”, continua Papa Francesco, “attendiamo Dio che ci ama infinitamente e al tempo stesso siamo attesi da Lui”. “Non siamo lasciati a noi stessi, non siamo soli. Siamo visitati già ora”, spiega il Papa ai pellegrini provenienti dai territori dove è vissuto don Tonino Bello.
Vi aspettavo e vi ringrazio, ma Dio vi visiterà dove io non posso venire: nelle vostre case, nelle vostre vite. Dio ci visita e attende di stare con noi per sempre. Oggi, domani, domani, sempre. Se tu lo cacci via il Signore rimane alla porta, aspettando, in attesa che tu lo lasci entrare un’altra volta. Non cacciare via mai il Signore dalla nostra vita! Sempre in attesa di Lui con noi.
Don Tonino Bello “notava che la vita è piena di paure”. “A questo scenario cupo”, ricorda il Pontefice, “diceva che l’Avvento risponde con ‘il Vangelo dell’antipaura’. Perché mentre chi ha paura sta a terra, abbattuto, il Signore con la sua parola risolleva”. E lo fa attraverso i “due verbi dell’antipaura, i due verbi dell’Avvento: alzatevi e levate il capo.
Se la paura fa stare a terra, il Signore invita ad alzarsi; se le negatività spingono a guardare in basso, Gesù invita a volgere lo sguardo al cielo, da dove arriverà Lui. Perché non siamo figli della paura, ma figli di Dio; perché la paura si sconfigge vincendo con Gesù il ripiegamento su se stessi: andando oltre questo ripiegamento.
Stare in piedi ed alzarsi, ribadiva quindi Don Tonino Bello, “dai divani della vita: dalla comodità che rende pigri, dalla mondanità che fa ammalare dentro, dall’autocommiserazione che incupisce”. “Il Signore chiama ciascuno di noi a inoltrarsi in mare aperto”, dice il Pontefice ai pellegrini pugliesi, il cui mare è “il più azzurro” che il Papa abbia mai visto. Dio ci invita non a rimanere attraccati a porti sicuri, o a essere “controlli del molo o a guardiani del faro, ma naviganti fiduciosi e coraggiosi, che seguono le rotte inedite del Signore gettando le reti della vita sulla sua parola”:
Una vita “privata”, priva di rischi e piena di paura, che salvaguarda se stessa, non è una vita cristiana. È una vita senza fecondità. Non siamo fatti per sonni tranquilli, ma per sogni audaci. Accogliamo allora l’invito del Vangelo, quell’invito tante volte ripetuto da Don Tonino a stare in piedi, ad alzarci. Da dove? Dai divani della vita – i divani della vita! – dalla comodità che rende pigri, dalla mondanità che fa ammalare dentro, dall’autocommiserazione che incupisce.
Michele Raviart – Città del Vaticano
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