‘Consacrati e consacrate sono chiamati ad essere segno profetico della vicinanza con Dio!’, sono le parole pronunciate da Papa Francesco durante l’omelia nella Celebrazione in Basilica Vaticana nel giorno della Festa della Presentazione del Signore e XX Giornata Mondiale della Vita Consacrata. ‘Come persone consacrate, siamo custodi dello stupore!’ ha ricordato il Pontefice. E poi ha sottolineato: “Gesù è la novità e il compimento: Egli si presenta a noi come la perenne sorpresa di Dio; in questo Bambino nato per tutti si incontrano il passato, fatto di memoria e di promessa, e il futuro, pieno di speranza.”
Le parole pronunciate da Papa Francesco
Oggi davanti al nostro sguardo c’è un fatto semplice, umile e grande: Gesù è portato da Maria e Giuseppe al tempio di Gerusalemme. E’ un bambino come tanti, come tutti, ma è unico: è l’Unigenito venuto per tutti. Questo Bambino ci ha portato la misericordia e la tenerezza di Dio: Gesù è il volto della Misericordia del Padre. È questa l’icona che il Vangelo ci offre al termine dell’Anno della Vita Consacrata, un anno vissuto con tanto entusiasmo. Esso, come un fiume, ora confluisce nel mare della misericordia, in questo immenso mistero di amore che stiamo sperimentando con il Giubileo straordinario.
La festa odierna, soprattutto nell’Oriente, viene chiamata festa dell’incontro. In effetti, nel Vangelo che è stato proclamato, vediamo diversi incontri (cfr Lc 2,22-40). Nel tempio Gesù viene incontro a noi e noi andiamo incontro a Lui. Contempliamo l’incontro con il vecchio Simeone, che rappresenta l’attesa fedele di Israele e l’esultanza del cuore per il compimento delle antiche promesse. Ammiriamo anche l’incontro con l’anziana profetessa Anna, che, nel vedere il Bambino, esulta di gioia e loda Dio. Simeone ed Anna sono l’attesa e la profezia, Gesù è la novità e il compimento: Egli si presenta a noi come la perenne sorpresa di Dio; in questo Bambino nato per tutti si incontrano il passato, fatto di memoria e di promessa, e il futuro, pieno di speranza.
Possiamo vedere in questo l’inizio della vita consacrata. I consacrati e le consacrate sono chiamati innanzitutto ad essere uomini e donne dell’incontro. La vocazione, infatti, non prende le mosse da un nostro progetto pensato “a tavolino”, ma da una grazia del Signore che ci raggiunge, attraverso un incontro che cambia la vita. Chi incontra davvero Gesù non può rimanere uguale a prima. Egli è la novità che fa nuove tutte le cose. Chi vive questo incontro diventa testimone e rende possibile l’incontro per gli altri; e si fa anche promotore della cultura dell’incontro, evitando l’autoreferenzialità che ci fa rimanere chiusi in noi stessi. Il brano della Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato, ci ricorda che Gesù stesso, per farsi incontro a noi, non ha esitato a condividere la nostra condizione umana: «Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe» (v. 14). Gesù non ci ha salvati “dall’esterno”, non è rimasto fuori dal nostro dramma, ma ha voluto condividere la nostra vita. I consacrati e le consacrate sono chiamati ad essere segno concreto e profetico di questa vicinanza di Dio, di questa condivisione con la condizione di fragilità, di peccato e di ferite dell’uomo del nostro tempo. Tutte le forme di vita consacrata, ognuna secondo le sue caratteristiche, sono chiamate ad essere in stato permanente di missione, condividendo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gaudium et spes, 1).
Il Vangelo ci dice anche che «il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui» (v. 33). Giuseppe e Maria custodiscono lo stupore per questo incontro pieno di luce e di speranza per tutti i popoli. E anche noi, come cristiani e come persone consacrate, siamo custodi dello stupore. Uno stupore che chiede di essere sempre rinnovato; guai all’abitudine nella vita spirituale; guai a cristallizzare i nostri carismi in una dottrina astratta: i carismi dei fondatori – come ho detto altre volte – non sono da sigillare in bottiglia, non sono pezzi da museo. I nostri fondatori sono stati mossi dallo Spirito e non hanno avuto paura di sporcarsi le mani con la vita quotidiana, con i problemi della gente, percorrendo con coraggio le periferie geografiche ed esistenziali. Non si sono fermati davanti agli ostacoli e alle incomprensioni degli altri, perché hanno mantenuto nel cuore lo stupore per l’incontro con Cristo. Non hanno addomesticato la grazia del Vangelo; hanno avuto sempre nel cuore una sana inquietudine per il Signore, un desiderio struggente di portarlo agli altri, come hanno fatto Maria e Giuseppe nel tempio. Anche noi siamo chiamati oggi a compiere scelte profetiche e coraggiose.
Infine, dalla festa di oggi impariamo a vivere la gratitudine per l’incontro con Gesù e per il dono della vocazione alla vita consacrata. Ringraziare, rendimento di grazie: Eucaristia. Com’è bello quando incontriamo il volto felice di persone consacrate, magari già avanti negli anni come Simeone o Anna, contente e piene di gratitudine per la propria vocazione. Questa è una parola che può sintetizzare tutto quello che abbiamo vissuto in questo Anno della Vita Consacrata: gratitudine per il dono dello Spirito Santo, che sempre anima la Chiesa attraverso i diversi carismi.
Il Vangelo si conclude con questa espressione: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (v. 40). Possa il Signore Gesù, per la materna intercessione di Maria, crescere in noi, e aumentare in ciascuno il desiderio dell’incontro, la custodia dello stupore e la gioia della gratitudine. Allora altri saranno attratti dalla sua luce, e potranno incontrare la misericordia del Padre.
UNA SORPRESA AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE
Al termine della Messa per la chiusura dell’Anno della Vita consacrata in San Pietro, Papa Francesco è uscito sul sagrato della Basilica per rivolgere ai presenti un breve saluto. Non era previsto questo gesto del Pontefice. Papa Francesco per primo e in modo insistente a voluto ringraziare i presenti per la loro missione, per il loro servizio e per il loro lavoro. Al tempo stesso, invitando tutti a continuare a lavorare sempre …(invecchiando come il buon vino), ha chiesto ai presenti di non dimenticare mai la bellezza della prima chiamata e di farlo con semplicità e lealtà, lavorando sempre, senza stancarsi mai, guardando in avanti con speranza. Prima di concludere recitando insieme a tutti l’Ave Maria e dando la Benedizione, il Santo Padre ha sottolineato la bellezza della vocazione e in particolare della prima chiamata.
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‘Fa un po’ freschetto eh?’ (PAPA FRANCESCO) 🙂 🙂 :)Al termine della Celebrazione Papa Francesco è uscito dalla…
Pubblicato da Associazione Nazionale Papaboys su Martedì 2 febbraio 2016
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ALCUNE FOTOGRAFIE DALLA DIRETTA DELLA CELEBRAZIONE
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A cura di Francesco Rossi per la Redazione Papaboys
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