Papa Francesco mette in guardia tutti dalla ipocrisia, dal formalismo e dalla menzogna, di quando parliamo di Dio “ a vuoto” e indica i Santi, che scaldano il nostro cuore perché “vediamo quello che il nostro cuore profondamente desidera: autenticità, relazioni vere, radicalità. E questo si vede anche in quei “santi della porta accanto” che sono, ad esempio, i genitori che danno ai figli l’esempio di una vita coerente, semplice, onesta e generosa”.
E ai genitori il Papa chiede ancora una volta di insegnare ai bambini a fare il segno della Croce.
Nel commento al comandamento: Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio”, durante la udienza generale di questa mattina tenuta nell’ aula Nervi in Vaticano, il Papa ha spiegato che significa quell’ “invano”.
Nella cultura ebraica il nome “è la verità intima delle cose e soprattutto delle persone”.
Così “il nome di Dio, nei riti ebraici, viene proclamato solennemente nel Giorno del Grande Perdono, e il popolo viene perdonato perché per mezzo del nome si viene a contatto con la vita stessa di Dio che è misericordia. Allora “prendere su di sé il nome di Dio” vuol dire assumere su di noi la sua realtà, entrare in una relazione forte, stretta con Lui. Per noi cristiani, questo comandamento è il richiamo a ricordarci che siamo battezzati «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», come affermiamo ogni volta che facciamo su noi stessi il segno della croce, per vivere le nostre azioni quotidiane in comunione sentita e reale con Dio, cioè nel suo amore”.
Ma purtroppo, dice il Papa, “è possibile prendere su di sé il nome di Dio in maniera ipocrita, come una formalità, a vuoto”.
La frase del Decalogo allora è un invito ad “un rapporto con Dio senza ipocrisie, a una relazione in cui ci affidiamo a Lui con tutto quello che siamo. In fondo, fino al giorno in cui non rischiamo l’esistenza con il Signore, toccando con mano che in Lui si trova la vita, facciamo solo teorie. Questo è il cristianesimo che tocca i cuori”.
Infine un invito: “se si moltiplicano i cristiani che prendono su di sé il nome di Dio senza falsità, praticando così la prima domanda del Padre Nostro, «sia santificato il tuo nome», l’annuncio della Chiesa viene più ascoltato e risulta più credibile”.
E la concretezza è nel Battesimo e nel “grande dono è l’Eucaristia! quale sublime unione ci sia fra il nostro corpo e il Corpo di Cristo, Lui in noi e noi in Lui!”, perché non si deve pregare come un pappagallo dice il Papa e conclude: “Dalla croce di Cristo in poi, nessuno può disprezzare sé stesso e pensare male della propria esistenza. Nessuno e mai! Qualunque cosa abbia fatto. Perché il nome di ognuno di noi è sulle spalle di Cristo. Vale la pena di prendere su noi il nome di Dio perché Lui si è fatto carico del nostro nome fino in fondo, anche del male che c’è in noi, per mettere nel nostro cuore il suo amore. Per questo Dio proclama in questo comandamento: “Prendimi su di te, perché io ti ho preso su di me”. Chiunque può invocare il santo nome del Signore, che è Amore fedele e misericordioso, in qualunque situazione si trovi. Dio non dirà mai di “no” a un cuore che lo invoca sinceramente”.
Allora i compiti da fare a casa, insegnare ai bambini a fare il segno della Croce ben fatto, conclude Francesco.
LA VICINANZA DI PAPA FRANCESCO PER I FRATELLI DELLA CALABRIA
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di Angela Ambrogetti per AciStampa