Adriana Masotti – Città del Vaticano per Vaticannews.va
E’ con il pensiero riconoscente a Papa Benedetto XV, fondatore della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Istituto Orientale, che Francesco si rivolge ai partecipanti
alla Sessione Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali, ricevuti in Sala Clementina, dopo le parole di saluto del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione. A cento anni dalla morte, il Papa ricorda quanto Benedetto XV aveva affermato nell’enciclica Dei Providentis e cioè che “nella Chiesa di Gesù Cristo, la quale non è né latina, né greca, né slava, ma cattolica non esiste alcuna discriminazione tra i suoi figli e che tutti, latini, greci, slavi e di altre nazionalità hanno la medesima importanza”. E ricorda la denuncia che egli aveva fatto “sull’inciviltà della guerra quale ‘inutile strage’”.Un monito quello di Benedetto XV rimasto inascoltato durante la prima guerra mondiale, sottolinea con amarezza Papa Francesco, come lo fu quello di San Giovanni Paolo II “per scongiurare il conflitto in Iraq”. E a braccio prosegue:
Come in questo momento, che ci sono tante guerre dappertutto, questo appello sia dei Papi sia degli uomini e donne di buona volontà, è inascoltato. Sembra che il premio più grande per la pace si dovrebbe dare alle guerre: una contraddizione. Siamo attaccati alle guerre. E questo è tragico. L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, tante cose belle … ma va indietro nel tessere la pace. E’ campione di fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti: dobbiamo pregare e chiedere perdono per questo atteggiamento.
Speravamo che non fosse necessario ripetere parole simili a quelle pronunciate dai Papi nel terzo millennio, prosegue Francesco, invece l’umanità sembra ancora brancolare nel buio:
abbiamo assistito alle stragi dei conflitti in Medio Oriente, in Siria e Iraq; a quelle nella regione etiopica del Tigrai; e venti minacciosi soffiano ancora nelle steppe dell’Europa Orientale, accendendo le micce e i fuochi delle armi e lasciando gelidi i cuori dei poveri e degli innocenti: questi non contano… E intanto continua il dramma del Libano, che ormai lascia tante persone senza pane.
Tanti, osserva il Papa, stanno lasciando quelle terre che “sono la madre-patria delle Chiese Cattoliche Orientali” di cui molti dei presenti sono figli. In quei luoghi, prosegue, lo splendore del passato si impasta con la fede eroica delle comunità del presente, in mezzo al fango e a tante sofferenze. Francesco evidenzia il dramma della diaspora descrivendo i cattolici orientali come “semi posti sugli steli e sui rami delle piante secolari, trasportati dal vento fino ad impensabili confini”, ormai da decenni, infatti, “abitano continenti lontani, hanno solcato mari e oceani e attraversato pianure”. E il Papa cita le eparchie costituite in Canada, negli Stati Uniti, in America Latina, in Europa, in Oceania, mentre altri cattolici delle Chiese orientali “sono affidati almeno per il momento ai Vescovi latini” che coordinano l’attività dei sacerdoti inviati dai rispettivi capi di Chiesa, patriarchi, arcivescovi o metropoliti.
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