L’esortazione papale sulla santità “Gaudete et exsultateˮ contiene pagine forti sul demonio: «Non pensiamo che sia un mito, un simbolo, una figura o un’idea»
Dalle pagine dell’esortazione Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo emerge la preoccupazione di Francesco per la sottovalutazione della figura di Satana e per quanti lo “derubricanoˮ a figura mitologica, oscurantista o folkloristica. Già più volte, nel corso del pontificato, Papa Bergoglio ha parlato del demonio e della sua azione.
Ora nell’esortazione torna a farlo in modo ancora più sistematico. Nel paragrafo 159 Francesco afferma che il cammino quotidiano sulla via della santità non si riduce solamente a «un combattimento contro il mondo e la mentalità mondana, che ci inganna, ci intontisce e ci rende mediocri, senza impegno e senza gioia. Nemmeno si riduce a una lotta contro la propria fragilità e le proprie inclinazioni (ognuno ha la sua: la pigrizia, la lussuria, l’invidia, le gelosie, e così via). È anche una lotta costante contro il diavolo, che è il principe del male. Gesù stesso festeggia le nostre vittorie. Si rallegrava – scrive il Papa – quando i suoi discepoli riuscivano a progredire nell’annuncio del Vangelo, superando l’opposizione del Maligno, ed esultava: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore» (Lc 10,18).
Satana dunque non è un mito. Nel paragrafo successivo (160), Bergoglio spiega: «Non ammetteremo l’esistenza del diavolo se ci ostiniamo a guardare la vita solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale. Proprio la convinzione che questo potere maligno è in mezzo a noi, è ciò che ci permette di capire perché a volte il male ha tanta forza distruttiva. È vero che gli autori biblici avevano un bagaglio concettuale limitato per esprimere alcune realtà e che ai tempi di Gesù si poteva confondere, ad esempio, un’epilessia con la possessione demoniaca. Tuttavia, questo non deve portarci a semplificare troppo la realtà affermando che tutti i casi narrati nei vangeli erano malattie psichiche e che in definitiva il demonio non esiste o non agisce. La sua presenza si trova nella prima pagina delle Scritture, che terminano con la vittoria di Dio sul demonio».
«Di fatto – continua Francesco – quando Gesù ci ha lasciato il “Padre Nostro” ha voluto che terminiamo chiedendo al Padre che ci liberi dal Maligno. L’espressione che lì si utilizza non si riferisce al male in astratto e la sua traduzione più precisa è “il Malignoˮ. Indica un essere personale che ci tormenta. Gesù ci ha insegnato a chiedere ogni giorno questa liberazione perché il suo potere non ci domini».
Ecco dunque l’insegnamento che il Papa ne trae (161): «Non pensiamo che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea. Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi. E così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, le nostre famiglie e le nostre comunità, perché “come leone ruggente va in giro cercando chi divorareˮ (1 Pt 5,8)».
L’invito che il Pontefice fa è quello di essere «svegli e fiduciosi» (162): «La Parola di Dio ci invita esplicitamente a “resistere alle insidie del diavoloˮ (Ef 6,11) e a fermare “tutte le frecce infuocate del malignoˮ (Ef 6,16). Non sono parole poetiche, perché anche il nostro cammino verso la santità è una lotta costante. Chi non voglia riconoscerlo si vedrà esposto al fallimento o alla mediocrità».
Per il combattimento, spiega ancora Francesco, «abbiamo le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della messa, l’adorazione eucaristica, la riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario. Se ci trascuriamo ci sedurranno facilmente le false promesse del male, perché, come diceva il santo sacerdote Brochero: “Che importa che Lucifero prometta di liberarvi e anzi vi getti in mezzo a tutti i suoi beni, se sono beni ingannevoli, se sono beni avvelenati?ˮ».
Infine, Papa Bergoglio ricorda che in questo cammino «lo sviluppo del bene, la maturazione spirituale e la crescita dell’amore sono il miglior contrappeso nei confronti del male» (163).
di Andrea Tornieli per Vatican Insider
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