“La misericordia di Dio sarà sempre più grande di ogni peccato”: è quanto scrive Papa Francesco in un nuovo tweet sull’account @Pontifex in nove lingue. La frase è tratta da “Misericordiae Vultus”, la Bolla di indizione del Giubileo. Nel documento il Papa invita a porre “di nuovo al centro con convinzione il Sacramento della Riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia”. Il servizio di Sergio Centofanti per Radio Vaticana:
“Nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona” scrive Papa Francesco nel testo della Bolla per il Giubileo. Anche il perdono, però, ricordava all’inizio di quest’anno, ha una condizione:
“Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò che è sottratto alla divina misericordia non può essere perdonato, come chi si sottrae al sole non può essere illuminato né riscaldato” (Discorso ai partecipanti a Corso della Penitenzieria, 12 marzo2015).
Uno dei segni importanti dell’Anno Santo – ha detto il Pontefice durante un’udienza generale – è la Confessione:
“Dio ci comprende anche nei nostri limiti, ci comprende anche nelle nostre contraddizioni. Non solo, Egli con il suo amore ci dice che proprio quando riconosciamo i nostri peccati ci è ancora più vicino e ci sprona a guardare avanti. Dice di più: che quando riconosciamo i nostri peccati e chiediamo perdono, c’è festa nel Cielo. Gesù fa festa: questa è la Sua misericordia” (Udienza generale, 16 dicembre 2015).
Il perdono dei peccati – afferma Papa Francesco – non è “frutto dei nostri sforzi”, ma “dono dello Spirito Santo” che ci guarisce. E “non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù”:
“Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio ‘perdonami’, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote” (Udienza generale, 19 febbraio 2014).
Accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, anche la vergogna è salutare:
“Anche la vergogna è buona, è salutare avere un po’ di vergogna … La vergogna fa bene, perché ci fa più umili” (Udienza generale, 19 febbraio 2014).
La Confessione, però, “non deve essere una tortura”. I confessori – è la sua esortazione – devono essere rispettosi della dignità e della storia personale di ciascuno. “Anche il più grande peccatore che viene davanti a Dio a chiedere perdono è ‘terra sacra’ … da “coltivare” con dedizione, cura e attenzione pastorale. “Tutti dovrebbero uscire dal confessionale con la felicità nel cuore, con il volto raggiante di speranza”:
“Il Sacramento, con tutti gli atti del penitente, non implica che esso diventi un pesante interrogatorio, fastidioso ed invadente. Al contrario, dev’essere un incontro liberante e ricco di umanità, attraverso il quale poter educare alla misericordia, che non esclude, anzi comprende anche il giusto impegno di riparare, per quanto possibile, il male commesso” (Discorso ai partecipanti a Corso della Penitenzieria, 12 marzo2015).
Il Pontefice afferma che ”né un confessore di manica larga, né un confessore rigido è misericordioso”:
“Il primo, perché dice: “Vai avanti, questo non è peccato, vai, vai!”. L’altro, perché dice: “No, la legge dice…”. Ma nessuno dei due tratta il penitente come fratello, lo prende per mano e lo accompagna nel suo percorso di conversione! (…) Misericordia significa prendersi carico del fratello o della sorella e aiutarli a camminare” (Discorso ai partecipanti a un Corso della Penitenzieria, 12 marzo 2015).
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)