Papa Francesco condivide i “due grandi ‘sogni’ dei padri fondatori dell’Europa” con la Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (Comece) che ha appena eletto come nuovo presidente monsignor Mariano Crociata: quello dell’unità e della pace. E spiega come intenderli oggi.
L’unità. Su questo primo punto è decisivo precisare che quella europea non può essere un’unità uniforme, che omologa, ma al contrario dev’essere un’unità che rispetta e valorizza le singolarità, le peculiarità dei popoli e delle culture che la compongono.
Nel suo discorso Francesco ricorda “De Gasperi e Spinelli italiani, Monnet e Schuman francesi, Adenauer tedesco, Spaak belga, Beck lussemburghese”, di diverse nazioni e culture e chiarisce che “la ricchezza dell’Europa sta nella convergenza delle diverse fonti di pensiero e di esperienze storiche”, ma avverte che “l’Europa ha futuro se è veramente unione e non riduzione dei Paesi con le rispettive caratteristiche”.
La sfida è proprio questa: l’unità nella diversità. Ed è possibile se c’è una forte ispirazione; altrimenti prevale l’apparato, prevale il paradigma tecnocratico, che però non è fecondo perché non appassiona la gente, non attira le nuove generazioni, non coinvolge le forze vive della società nella costruzione di un progetto comune.
In tale sfida, compito della Chiesa, indica il Papa, è “formare persone che, leggendo i segni dei tempi, sappiano interpretare il progetto Europa nella storia di oggi”.
A proposito di pacifica convivenza, Francesco rimarca la necessità di un maggiore impegno da parte dei diversi Paesi.
La pace. La storia di oggi ha bisogno di uomini e donne animati dal sogno di un’Europa unita al servizio della pace.
Il Papa non manca di ricordare che oggi “si può parlare ormai di una terza guerra mondiale” e che la guerra in Ucraina “ha scosso la pace europea”. Osserva che “le nazioni confinanti si sono prodigate nell’accoglienza dei profughi” e che “tutti i popoli europei partecipano all’impegno di solidarietà con il popolo ucraino”, ma che accanto a tale “corale risposta sul piano della carità dovrebbe corrispondere”, pur se non facile e scontato, “un impegno coeso per la pace”. Francesco la definisce una sfida “molto complessa”, essendo i Paesi dell’Unione Europea “coinvolti in molteplici alleanze, interessi, strategie, una serie di forze che è difficile far convergere in un unico progetto”, che deve ripudiare la guerra
La guerra non può e non deve più essere considerata come una soluzione dei conflitti. Se i Paesi dell’Europa di oggi non condividono questo principio etico-politico, allora vuol dire che si sono allontanati dal sogno originario. Se invece lo condividono, devono impegnarsi ad attuarlo, con tutta la fatica e la complessità che la situazione storica richiede. Perché la guerra è un fallimento della politica e dell’umanità. Questo dobbiamo ripeterlo ai politici.
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