E’ un discorso intessuto di ricordi e aneddoti quello che il Papa rivolge a braccio ad una delegazione del Forum delle Associazioni Familiari, ricevuta stamani in udienza, dopo avergli consegnato il testo scritto. Il primo aspetto sul quale si sofferma è la pazienza. Bisogna saper aspettare. Ci sono nella vita situazioni di crisi forti, “dove forse arrivano anche tempi di infedeltà”. Proprio allora ci vuole “la pazienza” dell’amore che aspetta. E se uno grida, l’altro non deve rispondere con un altro grido ma lasciar passare la tempesta e poi parlare al momento opportuno.
Tante donne – perché questo è più della donna che dell’uomo, ma anche l’uomo a volte lo fa – tante donne nel silenzio hanno aspettato guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà. E questa è santità. La santità che perdona tutto, perché ama.
Per questo sono fondamentali le tre parole già richiamate altre volte: “permesso”, “scusa” e “grazie”.
A proposito di Amoris laetitia, il Papa raccomanda, poi, di leggere il quarto capitolo. “Alcuni – dice – hanno ridotto Amoris laetitia a una sterile casistica del ‘si può, non si può’. Non hanno capito nulla!”. Il suo discorso si concentra, quindi, sulla preparazione al matrimonio, ricordando quanto gli disse una donna a Buenos Aires: “Per diventare prete, studiate otto anni, vi preparate per otto anni. E poi, se dopo qualche anno la cosa non va, fate una bella lettera a Roma; e a Roma ti danno il permesso, e tu puoi sposarti. Invece a noi, che ci danno un Sacramento per tutta la vita, ci accontentate con tre o quattro conferenze di preparazione. Questo non è giusto”. Francesco, quindi, sottolinea, come oggi ci sia bisogno di “un catecumenato per il matrimonio, come c’è un catecumenato per il Battesimo”.
Il problema è che oggi – rileva – “tante volte si pensa a incominciare una famiglia e a fare un matrimonio come fosse una lotteria”, cioè pensando che se va, va, altrimenti “cancelliamo la cosa e incomincio un’altra volta”. Si tratta di “superficialità sul dono più grande che ha dato Dio all’umanità: la famiglia”.
Poi oggi – fa male dirlo – si parla di famiglie “diversificate”: diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che la parola “famiglia” è una parola analogica, perché si parla della “famiglia” delle stelle, delle “famiglie” degli alberi, delle “famiglie” degli animali… è una parola analogica. Ma la famiglia umana come immagine di Dio, uomo e donna, è una sola. È una sola.
“Può darsi che un uomo e una donna non siano credenti: ma se si amano e si uniscono in matrimonio, sono immagine e somiglianza di Dio, benché non credano. È un mistero: San Paolo lo chiama ‘mistero grande’, ‘sacramento grande’. Un vero mistero”, aggiunge.
Il discorso del Papa si concentra, poi, sui figli. C’è il caso di chi deve comprare una casa fuori, fare viaggi o come quella coppia che lui ha incontrato, sposata da dieci anni, che non voleva figli ma avevano tre cani e due gatti. Situazioni di fronte alle quali il Papa ribadisce che i figli sono “il dono più grande”. Poi rivolge una forte critica all’aborto selettivo.
I figli che si accolgono come vengono, come Dio li manda, come Dio permette – anche se a volte sono malati. Ho sentito dire che è di moda – o almeno è abituale – nei primi mesi di gravidanza fare certi esami, per vedere se il bambino non sta bene, o viene con qualche problema… La prima proposta in quel caso è: “Lo mandiamo via?”. L’omicidio dei bambini. E per avere una vita tranquilla, si fa fuori un innocente.
Francesco ricorda quelle pagine della storia che la maestra gli insegnava da ragazzo: quando i bambini venivano buttati giù dalla rupe. “Nel secolo scorso – sottolinea – tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso, ma con guanti bianchi”.
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C’è anche la questione del lavoro. Se da una parte oggi per guadagnare si devono avere due lavori, dall’altra la famiglia è minacciata per la mancanza di lavoro. Bisogna, poi, giocare con i bambini: “perdete tempo con i vostri figli”, si raccomanda così come torna a chiedere di non allontanare dalla famiglia i nonni e di farli parlare con i nipoti.
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