Il grazie di Papa Francesco ai membri e ai volontari dei Food Bank d’Europa, ricevuti questa mattina in udienza, è pieno di ammirazione per un lavoro costante che dura da 30 anni e che vuole “essere il primo gesto concreto di accompagnamento verso un percorso di riscatto” a favore dei più bisognosi. Si tratta di un impegno, sottolinea il Pontefice, costruito con intelligenza e che richiama alle “radici solidali dell’Europa“:
È importante che il bene sia fatto bene: non può essere frutto di pura improvvisazione, necessita di intelligenza, progettualità e continuità. Ha bisogno di una visione d’insieme e di persone che stiano insieme: è difficile fare il bene senza volersi bene. In questo senso le vostre realtà, pur recenti, ci riportano alle radici solidali dell’Europa, perché ricercano l’unità nel bene concreto. Bello vedere lingue, credo, tradizioni e orientamenti diversi ritrovarsi non per condividere i propri interessi, ma per provvedere alla dignità degli altri. Quello che fate senza tante parole lancia un messaggio: non è cercando il vantaggio per sé che si costruisce il futuro. Il progresso di tutti cresce accompagnando chi sta indietro.
Per Papa Francesco fame e spreco vanno di pari passo. Non si può quindi eliminare l’una senza fermare l’altro:
Lo spreco manifesta disinteresse per le cose e indifferenza per chi ne è privo. Lo spreco è l’espressione più cruda dello scarto. Mi viene in mente quando Gesù, dopo aver distribuito i pani alla folla, chiese di raccogliere i pezzi avanzati perché nulla andasse perduto (cfr Gv 6,12). Raccogliere per ridistribuire, non produrre per disperdere. Scartare cibo è scartare persone. L’economia, nata per essere “cura della casa”, è diventata spersonalizzata; anziché servire l’uomo, lo schiavizza, asservendolo a meccanismi finanziari sempre più distanti dalla vita reale e sempre meno governabili. Come possiamo vivere bene quando le persone sono ridotte a numeri, le statistiche compaiono più dei volti e le vite dipendono dagli indici di borsa?
Dunque, di fronte ad un’economia che “anziché servire l’uomo, lo schiavizza, asservendolo a meccanismi finanziari sempre più distanti dalla vita reale e sempre meno governabili”, Francesco propone, e ancora una volta suggerisce, un cammino concreto e solidale verso il bene comune. Un percorso di responsabilità contro l’ingiustizia e il silenzio di molti:
Non è destabilizzando o sognando un ritorno al passato che si sistemano le cose, ma alimentando il bene, intraprendendo percorsi sani e solidali. Occorre metterci insieme per rilanciare il bene, sapendo che se il male è di casa nel mondo, con l’aiuto di Dio e con la buona volontà di tanti come voi, la realtà può migliorare. C’è bisogno di sostenere chi vuole cambiare in meglio, di favorire modelli di crescita basati sull’equità sociale, sulla dignità delle persone, sulle famiglie, sull’avvenire dei giovani, sul rispetto dell’ambiente. Un’economia circolare non è più rimandabile. Lo spreco non può essere l’ultima parola lasciata in eredità dai pochi benestanti, mentre la gran parte dell’umanità rimane zitta.
Rifacendosi a quell’invito che lanciò nel 2018: “Siate maestri buoni, maestri di speranza e di fiducia verso le nuove generazioni“, il Pontefice invita i presenti proprio a coinvoglere i giovani:
Con questi sentimenti di preoccupazione e di speranza che ho voluto condividere con voi, vi rinnovo la gratitudine e vi incoraggio ad andare avanti, coinvolgendo quanti incontrate, specialmente i giovani, perché si uniscano a voi nel promuovere il bene, a vantaggio di tutti.
“È sempre facile dire degli altri, difficile invece dare agli altri, ma è questo che conta”
Fonte Vatican News – Emanuela Campanile
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