La catechesi di Papa Francesco di questa mattina è dedicata alla preghiera del primo Patriarca, Dio parla ad Abramo…
E Abramo, fidandosi, lascia la sua terra. In questo modo, afferma il Papa, egli dà inizio “ad un nuovo modo di concepire la relazione con Dio”, tanto da essere riconosciuto come “il perfetto uomo di Dio, capace di sottomettersi a Lui, anche quando la sua volontà si rivela ardua”. E prosegue:
Abramo è dunque l’uomo della Parola. Quando Dio parla, l’uomo diventa recettore di quella Parola e la sua vita il luogo in cui essa chiede di incarnarsi. Questa è una grande novità nel cammino religioso dell’uomo: la vita del credente comincia a concepirsi come vocazione, cioè ‘chiamata’ come luogo dove si realizza una promessa; ed egli si muove nel mondo non tanto sotto il peso di un enigma, ma con la forza di quella promessa, che un giorno si realizzerà. E Abramo credette alla promessa di Dio. Credette e andò, senza sapere dove andava – così dice la Lettera agli Ebrei. Ma si fidò.
Abramo vive la preghiera nella fedeltà a quella Parola, nella sua vita, osserva il Papa, “la fede si fa storia” e storia personale, Dio è colui che guida i suoi passi, che non lo abbandona. E, a braccio, aggiunge:
Io mi domando e vi domando: noi abbiamo questa esperienza di Dio, il “mio Dio”, il Dio che mi accompagna, il Dio della mia storia personale, il Dio che guida i miei passi, che non mi abbandona, il Dio dei miei giorni? Abbiamo questa esperienza? Pensiamoci un po’.
Francesco cita un pensiero di Blaise Pascal in cui il filosofo francese esprime non una riflessione intellettuale, ma la sua esperienza di incontro personale con Dio annotandone il momento preciso: la sera del 23 novembre 1654. Non è il Dio astratto o il Dio cosmico, sottolinea ancora il Papa, ma il Dio di una persona.
Abramo segna ogni tappa del suo cammino con un altare costruito per il Signore, così il percorso si dissemina di pietre che ricordano il passaggio di Dio nella sua vita, un Dio “sorprendente” nel suo manifestarsi.
Così Abramo diventa familiare di Dio, capace anche di discutere con Lui, ma sempre fedele. Parla con Dio e discute. Fino alla prova suprema, quando Dio gli chiede di sacrificare proprio il figlio Isacco, il figlio della vecchiaia, l’unico, l’erede. Qui Abramo vive la fede come un dramma, come un camminare a tentoni nella notte, sotto un cielo questa volta privo di stelle. E tante volte succede anche a noi, di camminare nel buio, ma con la fede. Dio stesso fermerà la mano di Abramo già pronta a colpire, perché ha visto la sua disponibilità veramente totale.
L’invito finale di Papa Francesco è ad imparare da Abramo a pregare, a dialogare con Dio, come ha fatto lui anche a discutere, “ma sempre disposti ad accogliere la parola di Dio e a metterla in pratica”. Un aspetto su cui il Papa insiste:
Non abbiamo paura di discutere con Dio; anche, dirò una cosa che sembra un’eresia. Tante volte ho sentito gente che mi dicono: “Ma lei sa, mi è successo questo e mi sono arrabbiato con Dio” – “Ma tu hai avuto il coraggio di arrabbiarti con Dio?” – “Sì, mi sono arrabbiato!”. Ma questa è una forma di preghiera, perché solo un figlio è capace di arrabbiarsi con il papà e poi ri-incontrarlo. (…) Con Dio, impariamo a parlare come un figlio con il suo papà; ascoltarlo, rispondere, discutere. Ma trasparente, come un figlio con il papà.
Al termine dell’udienza generale, nei saluti ai fedeli di lingua inglese collegati attraverso i media alla Biblioteca del Palazzo Apostolico, Papa Francesco rivolge un pensiero e una preghiera per George Floyd, l’afroamericano di 46 anni morto a Minneapolis il 25 maggio scorso durante l’arresto. Inoltre, condanna ogni forma di razzismo ma anche la violenza che ne è seguita contagiando diverse città degli Stati Uniti.
Fonte Vatican News – Adriana Masotti
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