Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Non secondo il mondo, ma nella lode, nello stupore e nella riconoscenza. È così secondo Francesco che siamo chiamati a vivere la gratitudine e la speranza in quest’ora, nell’anno che volge al termine. L’esempio e il modello è offerto da Maria, Madre di Dio, la cui immagine della lactans, allattante, dipinta a tempera su tavola nel XII secolo, custodita nell’Abbazia di Montevergine, è eccezionalmente esposta nella Basilica di San Pietro dove il Pontefice celebra i primi vespri culminati nel canto dell’inno del Te Deum a conclusione dell’anno civile, alla presenza di circa 6500 fedeli.
“La gratitudine mondana, la speranza mondana sono apparenti”, dice il Papa durante l’omelia, “mancano della dimensione essenziale che è quella della relazione con l’Altro e con gli altri, con Dio e con i fratelli. Sono appiattite sull’io, sui suoi interessi, e così hanno il fiato corto, non vanno oltre la soddisfazione e l’ottimismo”.
Madre e Bambino, gratitudine e dono
La Liturgia dell’ultima sera dell’anno introduce nel sentimento di gratitudine che la Chiesa apprende dalla Vergine Madre mentre guardava Gesù appena nato: È un’esperienza che solo una mamma può fare, e che tuttavia in lei, nella Madre di Dio, ha una profondità unica, incomparabile. Maria sa, lei sola insieme a Giuseppe, da dove viene quel Bambino. Eppure è lì, respira, piange, ha bisogno di mangiare, di essere coperto, accudito. Il Mistero dà spazio alla gratitudine, che affiora nella contemplazione del dono, nella gratuità, mentre soffoca nell’ansia dell’avere e dell’apparire.
Verso il Giubileo: Roma diventi città di speranza
Sempre alla scuola di Maria la Chiesa apprende la speranza che non è ottimismo, ma fede nel Dio fedele alle sue promesse. Il pensiero del Vescovo di Roma corre al tema del prossimo Giubileo del 2025: “il cristiano come Maria è un pellegrino di speranza”. “Roma si sta preparando a diventare nell’Anno Santo città della speranza?”, chiede il Pontefice proponendo una riflessione non tanto sull’aspetto organizzativo dell’Anno Santo, quanto sulla testimonianza che la comunità ecclesiale e civile potrà offrire “nello stile di vita, nella qualità etica e spirituale della convivenza”.
Entrare in Piazza San Pietro e vedere che, nell’abbraccio del Colonnato, si muovono liberamente e serenamente persone di ogni nazionalità, cultura e religione, è un’esperienza che infonde speranza; ma è importante che essa sia confermata da una buona accoglienza nella visita alla Basilica, come pure nei servizi di informazione.