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Papa Francesco: ‘Cosa facciamo con chi sbaglia? Puntiamo il dito o allarghiamo le braccia?’

All’Angelus domenicale, Francesco parla dell’importanza della correzione fraterna e di come praticarla ispirandosi allo stile di Gesù. “Una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative”, la definisce. Ricorrere all’affetto della comunità se l’errore persiste, usare mitezza e gentilezza senza mettere alla gogna

Antonella Palermo – Città del Vaticano

È Gesù colui a cui guardare per aiutare un fratello nella fede a prendere atto del suo errore e portarlo a correggersi. Su questo aspetto parla il Papa nella catechesi pronunciata prima della preghiera dell’Angelus, commentando il Vangelo della liturgia domenicale, dinanzi a una folla di 20 mila fedeli riuniti in piazza San Pietro.

Non cedere al pettegolezzo

“Una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative”: così Papa Francesco definisce la correzione fraterna, da praticare, precisa, senza rancore. E mette in guardia dall’uso del pettegolezzo.

Questo non è giusto e non piace a Dio. Non mi stanco di ripetere che il chiacchiericcio è una peste per la vita delle persone e delle comunità, perché porta divisione, sofferenza e scandalo, e mai aiuta a migliorare e a crescere.

Qui il Pontefice cita San Bernardo di Chiaravalle il quale, ne I gradi dell’umiltà e della superbia, diceva che la curiosità sterile e le parole superficiali sono i primi gradini della scala della superbia, che non porta in alto, ma in basso, precipitando l’uomo verso la perdizione e la rovina.

Puntare il dito non va bene

Lo stile di Gesù insegna a usare lealtà, discrezione, coraggio, chiarezza senza però sparlare. Nel caso in cui ciò dovesse risultare insufficiente o inefficace, bisogna farsi aiutare e non agire da soli, mai cedendo tuttavia al chiacchiericcio, ma sempre avendo come unico obiettivo il bene dell’altro.

Puntare il dito contro non va bene, anzi spesso rende più difficile per chi ha sbagliato riconoscere il proprio errore. Piuttosto, la comunità deve far sentire a lui o a lei che, mentre condanna l’errore, è vicina con la preghiera e con l’affetto, sempre pronta a offrire il perdono e a ricominciare.

Guardare a Maria

Francesco conclude ponendo alcune domande utili per un esame di coscienza e a guardare Maria, “che ha continuato ad amare pur sentendo la gente condannare suo Figlio”:

Come mi comporto io con chi sbaglia contro di me? Tengo dentro la cosa e accumulo rancore? Ne faccio motivo di chiacchiere alle spalle? Oppure cerco di parlarci? Prego per lui o per lei, chiedo aiuto per fare del bene? E le nostre comunità si fanno carico di chi cade, perché possa rialzarsi e iniziare una vita nuova? Puntano il dito o aprono le braccia?

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