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Papa Francesco da Seoul: il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione

Il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione. E’ il forte invito che Papa Francesco ha rivolto ai cristiani coreani nella Messa per la pace e la riconciliazione celebrata nella Cattedrale di Myeong-dong di Seoul, a conclusione del suo viaggio apostolico in Corea. Nel contesto dell’esperienza storica del popolo coreano, segnata da una divisione e da un conflitto tra la Corea del Nord e quella del Sud che durano da oltre sessant’anni, il Papa ha esortato ad avere fiducia nella potenza della Croce di Cristo e a farsi testimoni di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un unico popolo.
Alla preghiera dei fedeli, Papa Francesco ha personalmente invitato a pregare per il card. Filoni, inviato da lui in Iraq, e per quanti sono perseguitati e costretti a lasciare le proprie case in quel paese.

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da Papa Francesco e il saluto conclusivo, al termine della celebrazione,da parte del Cardinale Andrea Yeum Soo-jung, Arcivescovo di Seoul:

 

Cari fratelli e sorelle,
la mia permanenza in Corea si avvia al termine e non posso che ringraziare Dio per le molte benedizioni che ha concesso a questo amato Paese e, in maniera particolare, alla Chiesa in Corea. Tra queste benedizioni conservo specialmente l’esperienza, vissuta insieme in questi ultimi giorni, della presenza di tanti giovani pellegrini provenienti da tutte le parti dell’Asia. Il loro amore per Gesù e il loro entusiasmo per la diffusione del suo Regno sono stati un’ispirazione per tutti.

La mia visita ora culmina in questa celebrazione della Santa Messa, in cui imploriamo da Dio la grazia della pace e della riconciliazione.

Tale preghiera ha una particolare risonanza nella penisola coreana. La Messa di oggi è soprattutto e principalmente una preghiera per la riconciliazione in questa famiglia coreana. Nel Vangelo, Gesù ci dice quanto potente sia la nostra preghiera quando due o tre sono uniti nel suo nome per chiedere qualcosa (cfr Mt 18,19-20). Quanto più quando un intero popolo innalza la sua accorata supplica al cielo!

La prima lettura presenta la promessa di Dio di restaurare nell’unità e nella prosperità un popolo disperso dalla sciagura e dalla divisione. Per noi, come per il popolo di Israele, questa è una promessa piena di speranza: indica un futuro che fin d’ora Dio sta preparando per noi. Tuttavia questa promessa è inseparabilmente legata ad un comando: il comando di ritornare a Dio e di obbedire con tutto il cuore alla sua legge (cfr Dt 30,2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo.

In questa Messa, naturalmente ascoltiamo tale promessa nel contesto dell’esperienza storica del popolo coreano, un’esperienza di divisione e di conflitto che dura da oltre sessant’anni. Ma il pressante invito di Dio alla conversione chiama anche i seguaci di Cristo in Corea ad esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana. Chiama ciascuno di voi a riflettere su quanto, come individui e come comunità, testimoniate un impegno evangelico per i disagiati, per gli emarginati, per quanti non hanno lavoro o sono esclusi dalla prosperità di molti. Vi chiama, come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano.

Nel Vangelo di oggi, Pietro chiede al Signore: «Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Il Signore risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,21-22). Queste parole vanno al cuore del messaggio di riconciliazione e di pace indicato da Gesù. In obbedienza al suo comando, chiediamo quotidianamente al nostro Padre celeste di perdonare i nostri peccati, «come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Se non fossimo pronti a fare altrettanto, come potremmo onestamente pregare per la pace e la riconciliazione?

Gesù ci chiede di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione.

Nel comandare a noi di perdonare i nostri fratelli senza alcuna riserva, Egli ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo. Quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce. La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno.

Questo, dunque, è il messaggio che vi lascio a conclusione della mia visita in Corea. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo! Accogliete la sua grazia riconciliatrice nei vostri cuori e condividetela con gli altri! Vi chiedo di portare una testimonianza convincente del messaggio riconciliatore di Cristo nelle vostre case, nelle vostre comunità e in ogni ambito della vita nazionale. Ho fiducia che, in uno spirito di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il futuro della società coreana, voi sarete lievito del Regno di Dio in questa terra. Allora le nostre preghiere per la pace e la riconciliazione saliranno a Dio da cuori più puri e, per suo dono di grazia, otterranno quel bene prezioso a cui tutti aspiriamo.

Preghiamo dunque per il sorgere di nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze, per una continua generosità nel fornire assistenza umanitaria a quanti sono nel bisogno, e per un riconoscimento sempre più ampio della realtà che tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua.

Prima di lasciare la Corea, vorrei ringraziare la Signora Presidente della Repubblica, le Autorità civili ed ecclesiastiche e tutti coloro che in qualsiasi forma hanno aiutato a rendere possibile questa visita. In special modo, vorrei rivolgere una parola di personale riconoscenza ai sacerdoti della Corea, che quotidianamente lavorano al servizio del Vangelo e alla costruzione del Popolo di Dio nella fede, nella speranza e nella carità. Chiedo a voi, quali ambasciatori di Cristo e ministri del suo amore di riconciliazione (cfr 2 Cor 5,18-20), di continuare a costruire legami di rispetto, di fiducia e di armoniosa cooperazione nelle vostre parrocchie, tra di voi e con i vostri Vescovi. Il vostro esempio di amore senza riserve per il Signore, la vostra fedeltà e dedizione al ministero, come pure il vostro impegno caritatevole per quanti si trovano nel bisogno, contribuiscono grandemente all’opera di riconciliazione e di pace in questo Paese.

Cari fratelli e sorelle, Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto.

Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l’alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace! Amen.

Indirizzo di saluto al Papa, a conclusione della celebrazione della Messa, da parte del Cardinale Andrea Yeum Soo-jung, Arcivescovo di Seoul:

Santo Padre,
Volevo ringraziarLa di cuore per aver visitato il nostro paese diviso in due, sud e nord e per aver pregato per la sua pace celebrando l’Eucaristia. Oggi è l’ultimo giorno della sua visita in Corea. Subito dopo essere finita questa Messa tornerà alla sua sede.
Sono molto felice di averLa accompagnata in questi cinque giorni. Fin dal suo arrivo ha tenuto diversi incontri e celebrazioni eucaristiche. In ciascun momento ha mostrato l’aspetto migliore della Chiesa. Per i giovani asiatici, in particolare, si è mostrato un Buon Pastore che li accompagna e cammina accanto a loro.
A Seul ha proclamato beati i nostri martiri primitivi, Paolo Yun Ji-Chung e centoventitré suoi compagni. Con ciò la Chiesa coreana ha centoventiquattro nuovi beati oltre ai centotré santi. Sento quindi su di me una più grave responsabilità per l’evangelizzazione.
Santo Padre, Le chiedo di pregare per noi, affinché ci impegniamo per realizzare la piena pace nella nostra penisola e nel mondo. Come Lei ama noi e il nostro paese, noi l’amiamo.
La ringrazio di nuovo e vada in pace!
Grazie!

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

IL VIDEO (A cura del Centro Televisivo Vaticano)

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