L’Antifona d’ingresso del sabato della V settimana di Quaresima è tratta dal celebre Salmo 21, il Salmo che inizia con le parole pronunciate da Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Il passo che, Papa Francesco, legge all’inizio della Messa odierna a Santa Marta è il forte grido d’aiuto di un innocente perseguitato: “Signore, non stare lontano, affréttati, mia forza, ad aiutarmi, perché io sono un verme e non un uomo, un obbrobrio per tutti, lo scherno della gente”.
Papa Francesco, nell’introdurre la celebrazione, prega perché nessuno approfitti della pandemia per i propri interessi:
Nell’omelia, Papa Francesco commenta il Vangelo di Giovanni (Gv 11, 45-56) che racconta la decisione del sinedrio di uccidere Gesù dopo il segno della risurrezione di Lazzaro. Una decisione che arriva dopo un processo graduale: è il cammino della tentazione, che inizia dal poco e poi scaturisce nel peccato che viene autogiustificato. La tentazione cresce lentamente, contagia gli altri e si giustifica, cambiando il cuore. Dietro questa tentazione c’è l’astuzia del diavolo che vuole distruggere Gesù. Lo Spirito Santo ci illumini – è la preghiera conclusiva del Papa – in questa conoscenza interiore.
È da tempo che i dottori della legge, anche i sommi sacerdoti, erano inquieti perché passavano cose strane nel Paese. Prima questo Giovanni, che alla fine lo lasciarono stare perché era un profeta, battezzava lì e la gente andava ma non c’erano altre conseguenze. Poi è venuto questo Gesù, segnalato da Giovanni. Incominciò a fare dei segni, dei miracoli, ma soprattutto a parlare alla gente e la gente capiva, e la gente lo seguiva, e non sempre osservava la legge e questo inquietava tanto. “Questo è un rivoluzionario, un rivoluzionario pacifico… Questo porta a sé la gente, la gente lo segue…” (cf. Gv. 11,47-48).
E queste idee li portarono a parlare fra loro: “Ma guarda, questo a me non piace… quell’altro…”, e così fra loro c’era questo tema di conversazione, di preoccupazione pure. Poi alcuni sono andati da lui per metterlo alla prova e sempre il Signore aveva una risposta chiara che a loro, dottori della legge, non era venuta in mente. Pensiamo a quella donna sposata sette volte, vedova sette volte: “Ma nel cielo, di quale di questi mariti sarà sposa?” (cf. Lc.20,33). Lui rispose chiaramente e loro se ne sono andati un po’ svergognati per la saggezza di Gesù e altre volte se ne sono andati umiliati, come quando volevano lapidare quella signora adultera e Gesù disse alla fine: “Chi di voi è senza peccato getti la prima pietra” (cf. Gv.8,7) e dice il Vangelo che se ne sono andati, a cominciare dai più anziani, umiliati in quel momento. Questo faceva crescere questa conversazione fra loro: “Dobbiamo fare qualcosa, questo non va…”. Poi hanno mandato i soldati a prenderlo e loro sono tornati dicendo: “Non abbiamo potuto prenderlo perché quest’uomo parla come nessuno” … “Anche voi vi siete lasciati ingannare” (cf. Gv.7,45-49): arrabbiati perché neppure i soldati potevano prenderlo. E poi, dopo la risurrezione di Lazzaro – questo che abbiamo sentito oggi – tanti giudei andavano lì a vedere le sorelle Lazzaro, ma alcuni sono andati a vedere bene come stanno le cose per riportarle, e alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto (cf. Gv. 11,45). Altri credettero in Lui.
E questi che sono andati, i chiacchieroni di sempre, che vivono portando (le chiacchiere) … sono andati a dire loro. In questo momento, quel gruppo che si era formato di dottori della legge ha fatto una riunione formale: “Questo è molto pericoloso dobbiamo prendere una decisione. Che cosa facciamo?
Quest’uomo compie molti segni – riconoscono i miracoli – Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, c’è pericolo, il popolo andrà dietro di lui, si staccherà da noi” – il popolo non era attaccato a loro – “Verranno i romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione” (cf. Gv.11,48). In questo c’era parte della verità ma non tutta, era una giustificazione, perché loro avevano trovato un equilibrio con l’occupatore, ma odiavano l’occupatore romano, ma politicamente avevano trovato un equilibrio. Così parlavano fra loro. Uno di loro, Caifa – era il più radicale -, era sommo sacerdote (disse): “Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!” (Gv.11,50). Era il sommo sacerdote e fa la proposta: “Facciamolo fuori”. E Giovanni dice: “Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione… Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo” (cf. Gv.11,51-53).
È stato un processo, un processo che incominciò con piccole inquietudini al tempo di Giovanni Battista e poi finì in questa seduta dei dottori della legge e dei sacerdoti. Un processo che cresceva, un processo che era più sicuro della decisione che dovevano prendere, ma nessuno l’aveva detta così chiara: “Questo va fatto fuori”.
Questo modo di procedere dei dottori della legge è proprio una figura di come agisce la tentazione in noi, perché dietro di questa evidentemente era il diavolo che voleva distruggere Gesù e la tentazione in noi generalmente agisce così: incomincia con poca cosa, con un desiderio, un’idea, cresce, contagia altri e alla fine si giustifica.
Questi sono i tre passi della tentazione del diavolo in noi e qui sono i tre passi che ha fatto la tentazione del diavolo nella persona del dottore della legge. Cominciò con poca cosa, ma è cresciuta, è cresciuta, poi ha contagiato gli altri, si è fatta corpo e alla fine si giustifica: “È necessario che muoia uno per il popolo” (cf. Gv.11,50), la giustificazione totale. E tutti sono andati a casa tranquilli. Avevano detto: “Questa è la decisione che dovevamo prendere”. E tutti noi, quando siamo vinti dalla tentazione, finiamo tranquilli, perché abbiamo trovato una giustificazione per questo peccato, per questo atteggiamento peccaminoso, per questa vita non secondo la legge di Dio. Dovremmo avere l’abitudine di vedere questo processo della tentazione in noi. Quel processo che ci fa cambiare il cuore da bene in male, che ci porta sulla strada in discesa. Una cosa che cresce, cresce, cresce lentamente, poi contagia altri e alla fine si giustifica.
Difficilmente vengono in noi le tentazioni di un colpo, il diavolo è astuto. E sa prendere questa strada, la stessa l’ha presa per arrivare alla condanna di Gesù. Quando noi ci troviamo in un peccato, in una caduta, sì, dobbiamo andare a chiedere perdono al Signore, è il primo (passo) che dobbiamo fare, ma poi (dobbiamo dire): “Come sono venuto a cadere lì? Come è iniziato questo processo nella mia anima? Com’è cresciuto? Chi ho contagiato? E come alla fine mi sono giustificato per cadere?”.
La vita di Gesù è sempre un esempio per noi e le cose che sono accadute a Gesù sono cose che accadranno a noi, le tentazioni, le giustificazioni, la gente buona che è intorno a noi e forse non la sentiamo e i cattivi, nel momento della tentazione, cerchiamo di avvicinarci (a loro) per far crescere la tentazione. Ma non dimentichiamo mai: sempre, dietro un peccato, dietro una caduta, c’è una tentazione che è incominciata piccola, che è cresciuta, che ha contagiato e alla fine trovo una giustificazione per cadere. Lo Spirito Santo ci illumini in questa conoscenza interiore.
Il santo Padre ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica, invitando a fare la Comunione spirituale.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antica antifona mariana Ave Regina Caelorum (“Ave Regina dei Cieli”):
Fonte Vatican News
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