Salutando i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli ha ricordato le tre pratiche quaresimali:
“La pratica del digiuno
Papa Francesco si reca nel pomeriggio, alle 16:30, nella Basilica di Sant’Anselmo all’Aventino per la “Statio” quaresimale e la processione penitenziale fino alla Basilica di Santa Sabina dove alle 17.00 presiede la Messa con il rito dell’imposizione delle Ceneri.
Sul significato della pratica del digiuno ascoltiamo il teologo Michele Giulio Masciarelli, preside dell’Istituto teologico abruzzese molisano, al microfono di Federico Piana per la Radio Vaticana:
R. – Il digiuno che è subordinato all’astinenza – non so se il caso di sottolineare questo: è una particolare virtù dell’astinenza – ha tre fini di mortificazione: reprime le concupiscenze, le passioni disordinate che in questa maniera vengono come “snervate”, viene tolto vigore a queste forze negative che sono in noi, e dispone l’anima a contemplare le cose più alte. É un elemento liberatorio. La chiamata al digiuno, all’astinenza, significa purificare la vita, renderla trasparente, più leggerla, per squamare la nostra esistenza di elementi che la sovraccaricano e dunque ci rende più capaci di ascendere. Inoltre è un elemento riparativo.
D. – Che pedagogia c’è della Chiesa dietro il digiuno e l’astinenza?
R. – La pedagogia è quella della sobrietà; la pedagogia è anche quella di ricordare chi fa un’astinenza o un digiuno forzato a lungo. A questo Papa piacerà senza meno un pensiero simile: il piccolo digiuno, provvisorio, parentetico che noi facciamo, ci fa ricordare il prolungato ed ingiusto digiuno dei poveri che non hanno da mangiare, addirittura “i popoli” della fame. Dunque ha un valore pedagogico, un valore di ricordo di chi a questo digiuno è costretto ma non per un paio di giorno all’anno, ma a lungo per decenni: i cosiddetti “morti per fame”. Io credo che questo sia un elemento pedagogico molto importante. Inoltre ci sono diversi pani da masticare: non c’è solo il pane che ci dà sopravvivenza o il companatico che dà gusto nel mangiare; ci sono i pani che trascuriamo: il pane del perdono, ad esempio. Un digiuno buono è quello del perdonare. Il perdono è contro natura sotto un certo aspetto, perché non so quante ragioni ci siano per perdonare un nemico. La nostra sensibilità, tra l’altro, si ribella a questo, però il perdono ci rende grandi a livello umano: saper perdonare significa veramente somigliare a Dio.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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