Francesco incontra a Ciudad Juarez imprenditori, sindacalisti, operai e rilancia il dialogo: «La mentalità dominante pone il flusso di persone al servizio dei flussi di capitale provocando in molti casi lo sfruttamento dei dipendenti come oggetti da usare e gettare»
«La mentalità dominante propugna la maggior quantità possibile di profitti, a qualunque costo e in modo immediato» ma «Dio chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni». A Ciudad Juarez Papa Francesco incontra i rappresentanti del mondo del lavoro, imprenditori e rappresentanti dei sindacati. Sono venuti in tremila ad ascoltarlo, nel «Colegio de Bachilleres» dello Stato di Chihuahua.
Dopo aver ascoltato testimonianze, domande e aver ricevuto alcuni doni, il Papa ha detto: «Tutto quello che possiamo fare per dialogare, per incontrarci, per trovare migliori alternative e opportunità è già una conquista che merita stima e risalto». «Ci sono due parole che vorrei sottolineare: dialogo e incontro. Non stanchiamoci mai di dialogare – ha aggiunto a braccio -. Le guerre si allargano anche a causa della mancanza di dialogo». «Ovviamente non è abbastanza, ma oggi non possiamo permetterci il lusso di tagliare qualsiasi possibilità di incontro, di discussione, di confronto, di ricerca. È l’unico modo che abbiamo per poter costruire il domani».
Parlando delle «diverse organizzazioni di lavoratori e rappresentanti di camere e associazioni imprenditoriali», Francesco ha osservato: «A prima vista potrebbero essere considerati come antagonisti , ma condividono una stessa responsabilità: cercare di creare opportunità di lavoro dignitoso e veramente utile alla società e soprattutto ai giovani di questa terra».
«Uno dei più grandi flagelli a cui sono esposti i vostri giovani – ha continuato – è la mancanza di opportunità di istruzione e lavoro sostenibile e redditizio che permetta loro di fare progetti; e ciò genera in molti casi situazioni di povertà. E quindi questa povertà diventa il terreno favorevole per cadere nella spirale del narcotraffico e della violenza. È un lusso che nessuno si può permettere; non può essere lasciato solo e abbandonato il presente e il futuro del Messico».
«Purtroppo – ha detto ancora Bergoglio – il tempo in cui viviamo ha imposto il paradigma dell’utilità economica come principio delle relazioni personali. La mentalità dominante propugna la maggior quantità possibile di profitti, a qualunque costo e in modo immediato. Non solo provoca la perdita della dimensione etica delle imprese, ma dimentica che il miglior investimento che si può fare è quello di investire sulla gente, sulle persone, sulle loro famiglie». Di fronte a tutto questo, il miglior investimento, dice il Papa, «è quello di creare opportunità».
«La mentalità dominante pone il flusso di persone al servizio dei flussi di capitale provocando in molti casi lo sfruttamento dei dipendenti come oggetti da usare e gettare. Dio chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni, e noi dobbiamo fare tutto il possibile perché queste situazioni non si verifichino più. Il flusso di capitale non può determinare il flusso e la vita delle persone».
Francesco ha quindi risposto alle critiche spesso vengono rivolte alla Dottrina sociale della Chiesa, quando si obietta: «Questi pretendono che siamo organizzazioni di beneficenza o che trasformiamo le nostre aziende in istituzioni filantropiche». «L’unica pretesa che ha la Dottrina sociale della Chiesa – risponde il Papa – è quella di porre attenzione all’integrità delle persone e delle strutture sociali. Ogni volta che, per vari motivi, questa è minacciata, o ridotta a un bene di consumo, la Dottrina sociale della Chiesa sarà una voce profetica che aiuterà tutti a non perdersi nel mare seducente dell’ambizione. Ogniqualvolta l’integrità di una persona viene violata, l’intera società in qualche modo, comincia a deteriorarsi. E questo non è contro nessuno, ma a vantaggio di tutti».
«Ogni settore – ha osservato ancora Bergoglio – ha l’obbligo di preoccuparsi del bene di tutti; siamo tutti sulla stessa barca. Tutti noi dobbiamo lottare per far sì che il lavoro sia un’istanza di umanizzazione e di futuro; sia uno spazio per costruire società e cittadinanza».
«Che mondo vogliamo lasciare ai nostri figli?» ha domandato il Papa. «Credo che su questo la grande maggioranza possiamo concordare. È proprio questo il nostro orizzonte, questo è il nostro obiettivo, e per questo oggi dobbiamo unirci e lavorare». Vogliamo lasciare «un ricordo di sfruttamento, di salari inadeguati, di molestie sul lavoro?», oppure «la cultura della memoria del lavoro dignitoso, di un tetto decoroso e della terra per lavorare? In che cultura vogliamo vedere la nascita di quelli che ci seguiranno? Che atmosfera respireranno? Un’aria viziata dalla corruzione, dalla violenza, dall’insicurezza e dalla sfiducia o, al contrario, un’aria in grado di generare alternative, generare rinnovamento e cambiamento?». «Generare», dice, è una parola chiave. «Co-generatori con Dio».
Il Papa ammette: «So che il progetto non è facile, ma so che è peggio lasciare il futuro nelle mani della corruzione, della brutalità, della mancanza di equità. So che tante volte non è facile portare tutte le parti ad una trattativa, ma so che è peggio e si finisce per fare più danni con la mancanza di trattative e la mancanza di valutazione. So che non è facile poter andar d’accordo in un mondo sempre più competitivo, ma è peggio lasciare che il mondo competitivo determini il destino dei popoli». Il Papa ricorda un suo amico, vecchio operaio sindacalista: «Lui mi diceva che ogni volta in cui si sedeva a un tavolo per negoziare sapeva che avrebbe perso qualcosa affinchè potessero guadagnare tutti. Bella filosofia del lavoro! Ecco, quando si negozia si perde qualcosa perchè guadagnino tutti».
«Il guadagno e il capitale- ha proseguito il Pontefice – non sono beni al di sopra dell’uomo, ma sono al servizio del bene comune. E quando il bene comune è piegato al servizio del profitto e il capitale è l’unico guadagno possibile, questo si chiama esclusione». «Vi invito – ha concluso – a sognare il Messico, a costruire il Messico che i vostri figli meritano. Vi invito a sognare un Messico in cui i genitori abbiano il tempo per giocare con i propri figli. Lo si potrà ottenere con queste tre cose: dialogo, confronto e incontro»
Redazione Papaboys (Fonte www.lastampa.it/ Andrea Tornielli)
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