Adriana Masotti – Città del Vaticano
La Messa celebrata alle 9.30 nella Basilica vaticana alla presenza dei fedeli, seppure in numero ridotto, si apre con il saluto al Papa del decano del Collegio cardinalizio, il cardinale Giovanni Battista Re. Le sue sono parole di ringraziamento a Francesco per la vicinanza alla comunità cristiana che ha manifestato in tanti modi nel difficile tempo di lockdown dovuto alla pandemia e in particolare attraverso la celebrazione della messa mattutina a casa Santa Marta, entrata attraverso la tv in tutte le case e seguita anche da persone non credenti o non praticanti. Il grazie va anche però per le iniziative di carità volute dal Papa come quella rivolta al sostegno di quanti hanno perso il lavoro. Alle sue parole segue la benedizione del Papa ai palli, destinati al decano e agli arcivescovi metropoliti nominati nell’ultimo anno in segno di unità tra le pecore e il Pastore.
Unità e profezia: sono le due parole che Papa Francesco pone al centro della sua omelia, con numerose aggiunte a braccio, nella Messa le cui Letture hanno ricordato i due apostoli celebrati oggi dalla Chiesa. Subito sottolinea la diversità tra Pietro e Paolo, il primo un semplice pescatore, l’altro un colto fariseo. E fra loro, osserva, non mancarono le discussioni animate tuttavia “ si sentivano fratelli, come in una famiglia unita, dove spesso si discute ma sempre ci si ama”. “Egli non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci. È Lui che ci unisce, senza uniformarci, ci unisce nelle differenze”. Ma da dove nasce questa unità. Il Papa dice che la prima Lettura ce lo svela: mentre sulla Chiesa infuriava la persecuzione, ci dice che la comunità pregava. Questo assicurava l’unità perché permetteva allo Spirito Santo di intervenire e di “accorciare le distanze”:
La comunità sembra decapitata, ciascuno teme per la propria vita. Eppure in questo momento tragico nessuno si dà alla fuga, nessuno pensa a salvarsi la pelle, nessuno abbandona gli altri, ma tutti pregano insieme. Dalla preghiera attingono coraggio, dalla preghiera viene un’unità più forte di qualsiasi minaccia.
E c’è un altro elemento importante: in quella prima comunità “nessuno si lamenta del male”. Tempo sprecato e inutile per i cristiani, fa notare Francesco, quello passato a lamentarsi di quello che non va e prosegue:
Le lamentele non cambiano nulla. Quei cristiani non incolpavano, pregavano. In quella comunità nessuno diceva: “Se Pietro fosse stato più cauto, non saremmo in questa situazione”. No, non sparlavano di lui, ma pregavano per lui. Non parlavano alle spalle, ma a Dio. E noi oggi possiamo chiederci: “Custodiamo la nostra unità con la preghiera? Preghiamo gli uni per gli altri?”.
Papa Francesco si domanda “che cosa accadrebbe se si pregasse di più e si mormorasse di meno” anche oggi. Come per Pietro quando si trovava in carcere, “tante porte che separano si aprirebbero, tante catene che paralizzano cadrebbero”. E il Papa invita a chiedere al Signore la grazia di saperlo fare e precisa:
Dio si attende che quando preghiamo ci ricordiamo anche di chi non la pensa come noi, di chi ci ha chiuso la porta in faccia, di chi fatichiamo a perdonare. Solo la preghiera scioglie le catene, solo la preghiera spiana la via all’unità.
E riguardo all’unità, il Papa ricorda che nella festa dei santi Pietro e Paolo si benedicono i palli simbolo dell’unità tra le i fedeli e il loro Pastore e poi si vive una particolare vicinanza al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. – Pietro e Andrea erano infatti fratelli – con cui è in atto un cammino comune verso la piena unità voluta dal Signore.
La seconda parola di oggi è profezia. Il Papa fa notare che Gesù ha provocato i due Apostoli chiedendo a loro una scelta personale di adesione a lui. A Pietro: “Tu, chi dici che io sia?”. In quanto a Paolo, il Signore “lo ha scosso dentro: più che farlo cadere a terra sulla via di Damasco, ha fatto cadere la sua presunzione di uomo religioso e per bene.” Il Papa dice ancora:
La profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio: non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta.
Francesco guarda all’oggi e afferma che anche in questi tempi c’è bisogno di profezia e “non di parolai”, c’è bisogno di testimoniare “che il Vangelo è possibile”.
Non servono manifestazioni miracolose, ma vite che manifestano il miracolo dell’amore di Dio. Non potenza, ma coerenza. Non parole, ma preghiera. Non proclami, ma servizio. Tu vuoi una Chiesa profetica? Comincia a servire e stai zitto. Non teoria, ma testimonianza. Non abbiamo bisogno di essere ricchi, ma di amare i poveri; non di guadagnare per noi, ma di spenderci per gli altri; non del consenso del mondo, ma della gioia per il mondo che verrà; non di progetti pastorali efficienti, ma di pastori che offrono la vita: di innamorati di Dio.
Così sono stati Pietro e Paolo che hanno annunciato Gesù fino a dare la vita. E’ questa la profezia che cambia la storia. E Papa Francesco ricorda che tutti i fedeli sono chiamati a diventare “pietre vive con cui costruire una Chiesa e un’umanità rinnovate” e conclude:
C’è sempre chi distrugge l’unità e chi spegne la profezia, ma il Signore crede in noi e chiede a te: “Tu, tu, tu, vuoi essere costruttore di unità? Vuoi essere profeta del mio cielo sulla terra?”. Fratelli e sorelle lasciamoci provocare da Gesù e troviamo il coraggio di dirgli: “Sì, lo voglio!”.
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