La «grande incoerenza» di chi per un verso crede in Dio santo ma per un altro verso conduce una vita che «non è santa», «non serve, fa male, scandalizza, non aiuta»: lo ha sottolineato il Papa in un passaggio della sua catechesi all’udienza generale del mercoledì. Francesco ha detto che il Padre Nostro «educa chi lo prega a non moltiplicare parole vane», poiché la preghiera è l’incontro tra i «nostri bisogni» e la «contemplazione di Dio» che è «come quelle mamme a cui basta uno sguardo per capire tutto dei figli».
Nella invocazione «Sia santificato il tuo nome» del Padre Nostro «si sente tutta l’ammirazione di Gesù per la bellezza e la grandezza del Padre, e il desiderio che tutti lo riconoscano e lo amino per quello che veramente è», ha detto Jorge Mario Bergoglio. «Nello stesso tempo c’è la supplica che il suo nome sia santificato in noi, nella nostra famiglia, nella nostra comunità, nel mondo intero. È Dio che santifica, che ci trasforma con il suo amore, ma nello stesso tempo siamo anche noi che, con la nostra testimonianza, manifestiamo la santità di Dio nel mondo, rendendo presente il suo nome. Dio è santo ma se noi se la nostra vita non è santa c’è una grande incoerenza», ha rimarcato il Papa: «La santità di Dio deve rispecchiarsi nelle nostre azioni nella nostra vita. “Io sono cristiano e Dio è santo ma faccio tante cose brutte”: questo non serve, fa male, scandalizza, e non aiuta», ha detto Papa Francesco
Francesco, che alla preghiera insegnata da Gesù sta dedicando un ciclo di catechesi, ha notato che «ogni preghiera cristiana – direi di ogni preghiera umana» è «sempre fatta, da una parte, di contemplazione di Dio, del suo mistero, della sua bellezza e bontà, e, dall’altra, di sincerità e coraggiosa richiesta di quello che ci serve per vivere, e vivere bene. Così, nella sua semplicità ed essenzialità, il “Padre nostro” educa chi lo prega a non moltiplicare parole vane», ha proseguito Francesco, «perché – come Gesù stesso dice – “il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate”. Quando parliamo con Dio, non lo facciamo per rivelare a Lui quello che abbiamo nel cuore: Lui lo conosce molto meglio di noi! Se Dio è un mistero per noi, noi invece non siamo un enigma ai suoi occhi. Dio – ha sottolineato il Papa – è come quelle mamme a cui basta uno sguardo per capire tutto dei figli: se sono contenti o tristi, se sono sinceri o nascondono qualcosa…».
Il Papa ha notato, ancora, che «Gesù, nel discorso della montagna, subito dopo aver trasmesso il testo del “Padre nostro”, ci esorta a non preoccuparci e non affannarci per le cose. Sembra una contraddizione: prima ci insegna a chiedere il pane quotidiano e poi ci dice: “Non preoccupatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Ma la contraddizione è solo apparente: le domande del cristiano esprimono la confidenza nel Padre. Ed è proprio questa fiducia che ci fa chiedere ciò di cui abbiamo bisogno senza affanno e agitazione. È per questo che preghiamo dicendo: “Sia santificato il tuo nome!”».
La santità di Dio, per il Papa, «è una forza in espansione, e noi supplichiamo perché frantumi in fretta le barriere del nostro mondo», tanto è vero che quando Gesù incomincia a predicare «gli spiriti maligni imprecano: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”». La santità di Gesù «si allarga a cerchi concentrici, come quando si getta un sasso in uno stagno. Il male ha i giorni contati, il male non è eterno, il male non può più nuocerci: è arrivato l’uomo forte che prende possesso della sua casa, Gesù, che ci dà la forza di prendere possesso della nostra casa interiore». E noi «non vacilliamo nell’incertezza. Abbiamo una grande certezza: Dio mi ama, Gesù ha dato la vita per me, lo Spirito è dentro di me. Una cosa è certa: e il male ha paura. E questo è bello».
di Jacopo Scaramuzzi per Vatican Insider
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