Sancta Sedes

Papa Francesco: ‘Dio si abbassa fino alle nostre miserie, per venire a salvarci’

Lo sguardo di Dio ci guarda con misericordia, anche se siamo impantanati nelle nostre miserie, lo ha ricordato Papa Francesco prima dell’Angelus della Domenica

Che sguardo abbiamo verso chi ha sbagliato? Ce lo chiede Papa Francesco in questa domenica prima delle parole della preghiera mariana dell’Angelus. Anche nella Chiesa ci deve essere sempre lo sguardo di Cristo.

Ci sentiamo inadeguati e ci rassegniamo, oppure proprio lì, quando ci sentiamo giù, cerchiamo l’incontro con Gesù? E poi: che sguardo abbiamo verso coloro che hanno sbagliato e faticano a rialzarsi dalla polvere dei loro errori? È uno sguardo dall’alto, che giudica, disprezza ed esclude? Ma noi cristiani – ha ribadito il Pontefice – dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre.

Le parole di Francesco prima della recita dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi, nella Liturgia, il Vangelo narra l’incontro tra Gesù e Zaccheo, capo dei pubblicani nella città di Gerico (Lc 19,1-10). Al centro di questo racconto c’è il verbo cercare. Zaccheo «cercava di vedere chi era Gesù» (v. 3) e Gesù, dopo averlo incontrato, afferma: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10). Soffermiamoci sui due sguardi che si cercano: lo sguardo di Zaccheo che cerca Gesù e lo sguardo di Gesù che cerca Zaccheo.

angelus

Lo sguardo di Zaccheo. Si tratta di un pubblicano, cioè uno di quegli ebrei che raccoglievano le tasse per conto dei dominatori romani,  e approfittavano di questa loro posizione. Per questo, Zaccheo era ricco, odiato da tutti e additato come peccatore. Il testo dice che «era piccolo di statura» e con questo forse allude anche alla sua bassezza interiore, alla sua vita mediocre, disonesta, con lo sguardo sempre rivolto in basso. Eppure, Zaccheo vuole vedere Gesù. «Corse avanti – dice il Vangelo – e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là»
Zaccheo, nella sua bassezza, sente il bisogno di cercare un altro sguardo, quello di Cristo. Ancora non lo conosce, ma aspetta qualcuno che lo liberi della sua condizione, che lo faccia uscire dalla palude in cui si trova. Questo è fondamentale: Zaccheo ci insegna che, nella vita, non è mai tutto perduto.

IL VIDEO DELL’ANGELUS DELLA DOMENICA

Sempre possiamo fare spazio al desiderio di ricominciare, di ripartire, di convertirci. Decisivo in questo senso è il secondo aspetto: lo sguardo di Gesù. Egli è stato inviato dal Padre a cercare chi si è perduto; e quando arriva a Gerico, passa proprio accanto all’albero dove sta Zaccheo. Il Vangelo narra che «Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”» . È un’immagine molto bella, perché se Gesù deve alzare lo sguardo, significa che guarda Zaccheo dal basso.

Questa è la storia della salvezza: Dio non ci ha guardato dall’alto per umiliarci e giudicarci; al contrario, si è abbassato fino a lavarci i piedi, guardandoci dal basso e restituendoci dignità. Così, l’incrocio di sguardi tra Zaccheo e Gesù sembra riassumere l’intera storia della salvezza: l’umanità con le sue miserie cerca la redenzione, ma anzitutto Dio con misericordia cerca la sua creatura per salvarla.

Fratelli, sorelle, ricordiamoci questo: lo sguardo di Dio non si ferma mai al nostro passato pieno di errori, ma guarda con infinita fiducia a ciò che possiamo diventare.

E se a volte ci sentiamo persone di bassa statura, non all’altezza delle sfide della vita e tanto meno del Vangelo, impantanati nei problemi e nei peccati, Gesù ci guarda sempre con amore: come con Zaccheo ci viene incontro, ci chiama per nome e, se lo accogliamo, viene a casa nostra. Allora possiamo chiederci: come guardiamo a noi stessi?

Ci sentiamo inadeguati e ci rassegniamo, oppure proprio lì, quando ci sentiamo giù, cerchiamo l’incontro con Gesù? E poi: che sguardo abbiamo verso coloro che hanno sbagliato e faticano a rialzarsi dalla polvere dei loro errori? È uno sguardo dall’alto, che giudica, disprezza ed esclude?

Ma noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre.

Preghiamo Maria, di cui il Signore ha guardato l’umiltà, e chiediamole il dono di uno sguardo nuovo su di noi e sugli altri.

E’ drammatico l’appello del Papa che, nei saluti del post Angelus, rivolto alla folla radunata in una assolata piazza San Pietro, trasporta con le sue parole i fedeli nella martoriata Somalia:

Mentre celebriamo la vittoria di Cristo sul male e sulla morte, preghiamo per le vittime dell’attentato terroristico che, a Mogadiscio, ha ucciso più di cento persone, tra cui molti bambini. Dio converta i cuori dei violenti!

Cinque anni dopo, nello stesso luogo, si piange un’altra strage di innocenti. Sono oltre cento le vittime, nell’ottobre del 2017 furono 500, del duplice attentato che ieri pomeriggio ha colpito un trafficato incrocio della capitale somala Mogadiscio, davanti al ministero dell’Istruzione, e che ha anche provocato oltre 300 i feriti. Due le autobombe esplose a pochi minuti di distanza l’una dall’altra. A rivendicare l’attentato è stato il gruppo di al-Shabaab, legato ad al-Qaeda, che avrebbe preso di mira il ministero in quanto “base nemica” che riceve sostegno da Paesi non musulmani e che “si impegna a rimuovere i bambini somali dalla fede islamica”. Il gruppo, in passato, aveva dichiarato che avrebbe proseguito la sua azione terrorista fino alla creazione di uno stato islamico governato dalla sharia.

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