Le atrocità e la distruzione che, in seguito ai conflitti, si abbattono sulle popolazioni civili, sulle infrastrutture e sui luoghi di culto, sono ancora troppe nonostante l’applicazione dei Protocolli internazionali di Difesa: occorre una conversione dei cuori e il risveglio della coscienza morale. E’ questo in sintesi il forte richiamo rivolto da Papa Francesco nel suo discorso ai partecipanti alla terza Conferenza di diritto internazionale umanitario di Roma dedicata proprio al ruolo delle Ong e della società civile in difesa delle popolazioni nei conflitti.
Ai rappresentanti del governo, ai funzionari e agli esperti presenti da tutto il mondo in Sala Clementina, Francesco ha ricordato la posizione della Santa Sede quale firmataria di due Protocolli alle Convenzioni di Ginevra importanti al fine di “umanizzare gli effetti dei conflitti armati”
, ma ha rilevato anche quante “omissioni” ed “esitazioni” li caratterizzino malgrado gli sforzi. L’invito è a compiere “ulteriori sviluppi” in materia di diritto internazionale adeguatamente alle “caratteristiche dei conflitti e delle sofferenze che li accompagnano”.“Troppo spesso”, ha rilevato Francesco nel suo discorso, ”giungono, da diversi teatri di guerra, testimonianze di crimini atroci, di veri e propri oltraggi alle persone e alla loro dignità commessi in spregio di ogni considerazione elementare di umanità. Immagini di persone senza vita, di corpi mutilati o decapitati, di nostri fratelli e sorelle torturati, crocifissi, bruciati vivi, offesi finanche nelle loro spoglie, interpellano la coscienza dell’umanità”.
Quante città distrutte, ha lamentato il Pontefice, nei loro “tesori culturali millenari” e nelle infrastrutture che privano future generazioni del loro “diritto alla vita, alla salute e all’educazione”.
“Quante chiese e altri luoghi di culto sono oggetto di aggressioni mirate”, ha ricordato Francesco, ”spesso proprio durante le celebrazioni liturgiche, con numerose vittime tra i fedeli e i ministri riuniti in preghiera, in violazione del diritto fondamentale alla libertà di religione!”
Guai a cedere, però, davanti alla diffusione di queste informazioni, alla “saturazione che anestetizza e in qualche misura relativizza la gravità dei problemi”:
“Perché ciò avvenga” spiega “è necessaria una conversione dei cuori, un’apertura a Dio e al prossimo, che spinga le persone a superare l’indifferenza e a vivere la solidarietà, come virtù morale e atteggiamento sociale, dalla quale può scaturire un impegno in favore dell’umanità sofferente”.
Ma in tempo di guerra è anche vero che numerose sono le “dimostrazioni di solidarietà e di carità”.Tante sono le persone, ha fatto notare il Papa, che affrontano fatiche e pericoli per curare e soccorrere, per seppellire i morti e sfamare i bisognosi, tutte opere di misericordia sulle quali “saremo giudicati al termine della vita”. Da qui l’invito del Pontefice al rispetto dei” principi fondamentali di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza”:
“Mi auguro, pertanto, che tali principi, che costituiscono il cuore del diritto umanitario, possano essere accolti nelle coscienze dei combattenti e degli operatori umanitari per essere tradotti nella pratica. Là dove poi il diritto umanitario conosce esitazioni e omissioni, sappia la coscienza individuale riconoscere il dovere morale di rispettare e proteggere la dignità della persona umana in ogni circostanza, specialmente nelle situazioni in cui essa è più fortemente minacciata.”
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Perché ciò sia possibile, ha sottolineato ancora Francesco, è importante la “preghiera”, una “formazione tecnica e giuridica” e soprattutto ”l’accompagnamento spirituale dei combattenti e degli operatori umanitari”. A chiunque salvi una vita a costo della propria, ha concluso quindi il Papa congedandosi, sono rivolte le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
di Gabriella Ceraso
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