Circa 180 persone hanno partecipato questa mattina con Papa Francesco alla cerimonia di conferimento del Premio Ratzinger.
Dopo la pausa dello scorso anno, a causa della pandemia, riprende l’appuntamento annuale promosso dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger–Benedetto XVI, con l’assegnazione del Premio Ratzinger e Papa Francesco ne approfitta per salutare e parlare con stima e affetto del suo predecessore “esempio di dedizione appassionata allo studio e alla ricerca” che da sempre ha unito “con la sua fede e il suo servizio alla Chiesa”.
Francesco si dice lieto di salutare la professoressa Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz e il professor Ludger Schwienhorst-Schönberger, premiati in questa edizione, e anche il professor Jean-Luc Marion e la professoressa Tracey Rowland, insigniti del Premio nel 2020, insieme ad altre personalità premiate negli anni precedenti. E’ un “legame durevole” e “una relazione feconda” che l’iniziativa ha stabilito, afferma il Papa, tra la Chiesa e il mondo della cultura e osserva che la comunità dei premiati si allarga ogni anno di numero, provenienza e varietà delle discipline. E dice che la capacità della mente umana “è effetto della ‘scintilla’ accesa da Dio nella persona fatta a sua immagine” che la spinge continuamente “a esprimere la vitalità dello spirito nel plasmare e trasfigurare la materia”. Ma, riconosce, questo non si fa senza fatica:
La Scrittura ci parla della creazione di Dio come di un “lavoro”. Rendiamo dunque omaggio non solo alla profondità del pensiero e degli scritti, o alla bellezza delle opere artistiche, ma anche al lavoro speso generosamente e con passione per tanti anni, al fine di arricchire l’immenso patrimonio umano e spirituale da condividere. È un servizio inestimabile per l’elevazione dello spirito e della dignità della persona, per la qualità delle relazioni nella comunità umana e per la fecondità della missione della Chiesa.
La presentazione delle opere dei premiati, prosegue Papa Francesco, ci hanno dato modo di spaziare tra le “correnti dello spirito” dalla filosofia alla religione, alla fenomenologia dell’essere, e l’evocazione dei nomi di tanti “grandi maestri della filosofia e della teologia del nostro tempo”, interlocutori delle loro ricerche, come Guardini, De Lubac, Edith Stein, Lévinas, Ricœur e Derrida, fino a McIntyre, “ci educano a pensare per vivere sempre più profondamente il rapporto con Dio e con gli altri, per orientare l’agire umano con le virtù e soprattutto con l’amore”. E il Papa continua:
Fra questi maestri va annoverato un teologo che ha saputo aprire e alimentare la sua riflessione e il suo dialogo culturale verso tutte queste direzioni insieme, perché la fede e la Chiesa vivono nel nostro tempo e sono amiche di ogni ricerca nella verità. Parlo di Joseph Ratzinger.
E’ dunque questa, afferma, “l’occasione per rivolgere a lui ancora una volta il nostro pensiero affettuoso, riconoscente e ammirato”. E ricorda il loro incontro in occasione del 70.esimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale:
…sentiamo che egli ci accompagna con la preghiera, tenendo il suo sguardo continuamente rivolto verso l’orizzonte di Dio. Basta guardarlo per accorgersi. Oggi lo ringraziamo in particolare perché è stato anche esempio di dedizione appassionata allo studio, alla ricerca, alla comunicazione scritta e orale; e perché ha sempre unito pienamente e armoniosamente la sua ricerca culturale con la sua fede e il suo servizio alla Chiesa.
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Di Ratzinger Papa Francesco ricorda l’impegno nello studio e nella scrittura proseguito anche durante il pontificato per completare la trilogia su Gesù “e così lasciarci una testimonianza personale unica della sua costante ricerca del volto del Signore”. Dai suoi scritti, osserva, ci sentiamo “ispirati e incoraggiati, e gli assicuriamo il nostro ricordo al Signore”:
Come sappiamo, le parole della Terza Lettera di Giovanni: “cooperatores veritatis” sono il motto da lui scelto quando divenne Arcivescovo di Monaco. Esse esprimono il filo conduttore delle diverse tappe di tutta la sua vita, dallo studio all’insegnamento accademico, al ministero episcopale, al servizio per la Dottrina della Fede – a cui fu chiamato da San Giovanni Paolo II 40 anni fa – fino al Pontificato, caratterizzato da un luminoso magistero e un indefettibile amore per la Verità.
Il motto “cooperatores veritatis” continua ad ispirare l’impegno degli studiosi premiati dalla Fondazione Ratzinger e Francesco conclude affermando che a quelle parole “ognuno di noi può e deve ispirarsi nella sua attività e nella sua vita”.
(di Adriana Masotti)
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