Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“La pace sarà raggiunta il giorno in cui potranno parlarsi, o loro due o attraverso altri”. Il Papa guarda al dramma che da oltre un anno si consuma in Ucraina e, in un’intervista a Telemundo, rete televisiva statunitense in lingua spagnola, realizzata ieri 25 maggio, indica quella che potrebbe essere una soluzione al conflitto: il dialogo. Il colloquio con il giornalista Julio Vaqueiro si è svolto ieri in una stanza dell’Istituto Augustinianum di Roma, a pochi metri dal Vaticano, dove Francesco ha incontrato i sindaci latino-americani ed europei che hanno partecipato al convegno delle “Città eco-educative” di Scholas Occurrentes. Proprio Vaqueiro ha moderato l’incontro. Prima, però, l’intervista con il Pontefice sui temi della guerra, le questioni di aborto e celibato, la sua salute, i migranti che abbandonano la propria terra “per necessità”, la preghiera dei fedeli che è come “una corazza”.
L’incontro con Zelensky
Una domanda riguarda il recente incontro con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e le parole rilasciate ai media di non aver bisogno di intermediari. “Non era questo il tono della conversazione”, chiarisce Francesco, sottolineando che Zelensky gli “ha chiesto un favore molto grande” e cioè di “occuparmi dei bambini che erano stati portati in Russia”. “Non sognano tanto le mediazioni, perché in realtà il blocco dell’Ucraina è molto forte. Tutta l’Europa, gli Stati Uniti. Quindi hanno una forza propria molto grande. Quello che gli procura molto dolore – e chiede aiuto – è cercare di riportare i bambini in Ucraina”, spiega il Papa. “Per raggiungere la pace, pensa che la Russia dovrebbe restituire quei territori?”, domanda l’intervistatore. “È un problema politico”, replica Jorge Mario Bergoglio.
I migranti che fuggono “per necessità”
Un altro “problema” e anche “serio” per il Papa è la questione migratoria per la quale ribadisce la necessità di una strategia che possa favorire lo sviluppo e la sostenibilità dei Paesi da cui la gente fugge. L’Africa, in primis: “Una volta una donna, una grande statista, ha detto che il problema della migrazione africana deve essere risolto in Africa, aiutando l’Africa. Ma purtroppo l’Africa è schiava di un inconscio collettivo, secondo cui l’Africa va sfruttata”, ribatte il Pontefice. “Gli aiuti dovrebbero invece servire a sollevarla e a renderla indipendente”. Il pensiero va al Sud Sudan, visitato nel febbraio scorso, e al suo “popolo meraviglioso che si sta riarmando da poco”: “Le potenze straniere hanno subito messo lì le loro industrie, non per far crescere il Paese, ma per portare via”, denuncia il Papa. “Non dico tutti, non voglio fare nomi di Paesi, ma il problema dell’Africa è che l’inconscio politico disonesto è che l’Africa va sfruttata e questo non è cambiato. E da qui tutte le migrazioni”.
Papa Francesco cita il libro “Fratellino”, che ha regalato lunedì scorso ai vescovi della Cei in Vaticano. Racconta la vita di un ragazzo partito dalla Guinea per ricercare il fratello e impiega tre anni per raggiungere la Spagna, subendo schiavitù, prigionia, torture. “Leggetelo, vedrete il dramma, il dramma di un migrante sulle coste della Libia”.
L’esperienza di migrante
“Emigrare è morire un po’”, osserva il giornalista, citando il regista messicano Alejandro González Iñárritu. Francesco conferma: “Sempre, perché si lascia la propria terra”. Lui l’ha vissuto in prima persona con la sua famiglia: “Sono nato a Buenos Aires ma mio padre era un migrante, era già un contabile della Banca d’Italia quando è andato lì”. Anche ora, come Papa che viene dall’Argentina (terra “cocktail” di immigrati) e che da dieci anni vive a Roma, continua ad essere un po’ “migrante”: “Si lascia sempre qualcosa. Il mate che ti fai da solo con un thermos come questo non è lo stesso del mate che ti dà tua mamma, o tua zia o tua nonna, appena fatto. Non è la stessa cosa. Manca l’aria del luogo dove sei nato”, afferma Papa Bergoglio. Cita una poesia “molto bella” di Nino Costa, in piemontese, Rassa nostrana, la nostra razza, che racconta il destino di un migrante che va in America, dove guadagna un sacco di soldi ma alla fine muore in un luogo sconosciuto: “Il migrante può diventare ricco e fare bene, oppure può finire per soffrire male se non viene accolto”.
Aborto e celibato
Nell’intervista si fa cenno poi alle questioni di aborto e celibato. Sulla prima tematica, il Papa cita gli studi di embriologia, secondo i quali già “un mese dopo il concepimento”, quello nel grembo materno “è un essere vivente”. Pone quindi la domanda: “È lecito eliminare un essere vivente per risolvere un problema? È lecito assumere un sicario per risolvere un problema?”.
Sul celibato sacerdotale e il presunto collegamento con gli abusi sui minori nella Chiesa, Papa Francesco risponde riportando dati statistici: “Il 32%, in altri Paesi il 36%, degli abusi avviene in famiglia, zio, nonno, e tutti sposati, o con i vicini. Dopo di che, nei luoghi di sport, dopo di che, nelle scuole…”. Per il Pontefice, “non c’entra niente” quindi la questione del celibato.
La salute
Non manca nel colloquio il riferimento alla sua salute e ai problemi al ginocchio: “Prima non potevo camminare. Ora posso camminare di nuovo”, sorride il Papa. Con serenità ricorda pure il ricovero di fine marzo al Policlinico Gemelli per una bronchite infettiva: “È stata davvero una cosa inaspettata. Ma l’abbiamo presa in tempo, mi hanno detto, se avessimo aspettato qualche ora in più sarebbe stato più grave. Ma in quattro giorni ero fuori”.
Le preghiere come armatura
Spiega poi il motivo per cui conclude ogni discorso pubblico con la richiesta di pregare per lui: “A volte – dice – le persone non si rendono conto del potere che hanno nel pregare per i loro pastori. E la preghiera dei fedeli fa miracoli, davvero, fa miracoli. Prendetevi cura del pastore. Un pastore, qualsiasi pastore, sia esso un parroco, un vescovo o qualsiasi pastore, è come se fosse difeso, corazzato, con un’armatura, con la preghiera dei fedeli”.
Riforme
Infine, un rapido excursus delle riforme portate avanti in questi dieci anni di pontificato. In realtà, spiega il Papa, nulla di più di quanto richiesto i cardinali nelle riunioni pre-Conclave: “il sistema economico, le nuove leggi dello Stato Vaticano, la pastorale del servizio vaticano”. E il ruolo delle donne. Per il futuro, invece, dice di sentire di dover fare ancora “tutto”: “È buffo, man mano che vai avanti ti rendi conto che ti manca tutto”. Un obiettivo è certamente la “de-clericalizzazione”: “Il clericalismo è una perversione… Se sei un clericale, non sei pastore. Dico sempre ai vescovi, ai sacerdoti e a me stesso, di essere pastori”.