Ovviamente il main stream dei media non offre adeguata visibilità a questo nuovo storico appuntamento di speranza e pace che Papa Francesco e tutta la Chiesa ci offre in queste ore, ma l’incontro del Pontefice in Marocco è una di quelle opportunità che la società di oggi, violenta e contraddittoria ha per ritrovare il giusto equilibrio.
Il dialogo con il mondo islamico moderato, che tanto preoccupa l’Europa e che Francesco, quasi da solo e molte volte nello scetticismo, cerca di costruire e portare avanti.
Poco dopo il decollo dell’Airbus 320 di Alitalia che lo stava portando in Marocco, Papa Francesco come di consueto è andato a salutare i 69 giornalisti e operatori che viaggiano con la delegazione papale. Il direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede Alessandro Gisotti ha salutato il Pontefice ricordando la Dichiarazione sulla Fratellanza umana che Francesco ha firmato insieme al Gran Imam di Al Azhar durante la visita negli Emirati Arabi lo scorso febbraio.
Prendendo il microfono, il Papa ha rivolto qualche parola ai giornalisti ricordando anche i compleanni di due di loro. “Buongiorno a tutti voi e grazie per la compagnia – ha detto -, vi auguro che il vostro lavoro sia fecondo. Sarà stancante ma spero sia fecondo”. Quindi ha aggiunto: “Mi hanno detto che oggi è festa. Non so se ci sarà la torta… Ci sono due compleanni, no? Tanti auguri!”. Francesco si riferiva ai compleanni celebrati in questi giorni da Gerard O’Connel, vaticanista di America, e Philip Pullella, vaticanista della Reuters.
Il Papa ha quindi salutato uno ad uno i giornalisti. La cronista del Messaggero gli ha chiesto un commento sul Congresso mondiale delle famiglie a Verona. Francesco ha detto di non avere nulla da aggiungere a quanto ha dichiarato il Segretario di Stato Pietro Parolin. Come si ricorderà, il cardinale Parolin a margine di un convegno al Bambin Gesù, aveva detto di essere “d’accordo nella sostanza” con i temi del congresso di Verona ma un po’ meno “sulle modalità”.
Al Papa è stato donato un disegno: una nave miniaturizzata in bottiglia, realizzata con materiali di scarto dai carcerati di un Istituto di pena spagnolo.
Con il saluto del Re Mohammed VI e dell’arcivescovo di Rabat mons. Cristobal Lopez Romero inizia ufficialmente il ventottesimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Marocco come ” Servitore di speranza”. Sotto una pioggia battente l’Airbus A320 dell’Alitalia, decollato prima delle 11.00 da Roma, è atterrato intorno alle 13.50 all’aeroporto di Rabat- Salé.
Alle 14 esatte il Papa è apparso in cima alla scaletta e ha toccato il suolo marocchino con la stretta di mano dell’erede della dinastia Alaouita, il cui regno è inziato a metà del XVII secolo, Mohammed VI. Il sorriso del Pontefice ha incontrato subito quello di due bambini in abito tradizionale che gli hanno offerto dei fiori. Quindi insieme al Re, sotto gli ombrelli colorati, Francesco ha raggiunto il Salon Royal per una breve sosta e un’offerta di prodotti tradizionale locali.
Il programma prevede subito il trasferimento in papamobile per Francesco, parallelamente al corteo del sovrano, all’Esplanade de la Tour Hassan dove avrà luogo la Cerimonia di benevenuto con la presentazione delle delegazioni e i primi discorsi ufficiali che in tanti potranno ascoltare anche attraverso dei maxischermi posti fuori della spianata.
Il pomeriggio di Francesco continuerà con la visita al Mausoleo Mohammed V, e con il trasferimento al palazzo reale per la presentazione della famiglia del Re nella visita di cortesia. Quindi una “prima volta”, come l’ha definita il direttore ad interim della Sala stampa della Santa Sede- quella di un Papa che viene accolto in un Istituto di formazione per predicatori, una realtà intitolata a Mohammed VI e inaugurata nel 2015. A seguire, è in programma l’incontro con i migranti nella sede della Caritas diocesana di Rabat, con il secondo discorso del Papa.
Prende così il via dunque un viaggio segnato principlamente dal dialogo interreligioso – “in continuità” con quello del febbraio scorso negli Emirati Arabi Uniti- dall’attenzione per i migranti, pochi mesi dopo l’adozione a Marrakech del patto delle Nazioni Unite sulla migrazione (Global Compact), e dalla conferma nella fede della piccola comunità cattolica locale.
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