«I Sacramenti, e la celebrazione eucaristica in modo particolare, sono i segni dell’amore di Dio, le vie privilegiate per incontrarci con Lui»: è così che scrive Papa Francesco nel volume Eucaristia. Cuore della Chiesa, nel quale sono raccolte le sue catechesi dedicate — tra l’8 novembre 2017 e il 4 aprile 2018 — al tema della messa (in libreria dall’11 marzo: Milano, Paoline, 2019, pagine 112, euro 12).
Il dono che il Papa ci fa in queste pagine è quello di vedere raccontato il mistero cristiano con parole normali. È l’eco della logica dell’incarnazione. Da quando Gesù è entrato nella storia nascendo dalla Vergine Maria, ha assunto un corpo reale, un volto reale, una storia concreta. Ed è proprio attraverso ciò che è accaduto con l’incarnazione che Gesù ci ha fatto scontrare con la logica scandalosa della normalità. Il Verbo non solo si è fatto carne ma è venuto ad abitare in mezzo a noi. Ora, se il Verbo si è fatto “normale”, non dobbiamo dimenticare che è rimasto anche totalmente Figlio di Dio. La fede cristiana sussiste in questo paradosso divino e umano di Cristo. Papa Francesco, attraverso il suo modo “normale” di parlarci dei misteri di Cristo, ci aiuta a toccare il cuore stesso del mistero di Dio. La “normalità” non è banalità, è invece prossimità a ciò che siamo, a ciò che desideriamo, a ciò che capiamo.
Il tempo della Quaresima, in cui siamo entrati da pochi giorni, ci ha introdotti attraverso il segno della cenere sul capo, a iniziare un cammino che ci riporti alla scoperta della brace nascosta sotto la cenere delle cose di ogni giorno.
È lì che il fuoco del Risorto si fa presente, mostrandoci come la nostra miseria offerta sull’altare può concorrere al nostro bene: «Tutto concorre al bene per coloro che amano Cristo» (Romani, 8, 28). Si tratta quindi di tornare a una vera consapevolezza di ciò che si celebra. Il Papa in queste catechesi sulla messa ci fornisce tre parole chiave: il silenzio, il tempo e la vita fiorita.
Infatti è proprio il silenzio la via che ci fa accorgere della verità di noi stessi, e che rende possibile un incontro vero con la nostra miseria. Forse per questo abbiamo paura del silenzio, perché non vogliamo incontrare chi siamo realmente. Ma l’Eucaristia non serve solo a constatare la nostra miseria, ma bensì a spalancarla a Lui. La misericordia di Dio è la sua immensa capacità di amarci nella nostra miseria.
Insieme al silenzio serve scoprire un nuovo tempo, un tempo non dominato dal “fare”. In questo senso il tempo dell’Eucaristia è un tempo “inutile”, cioè un tempo redento dalla mera logica dell’utile. È un tempo gratuito così come ogni vero amore insegna. Infatti solo nella gratuità del tempo si scopre un verbo più importante del verbo “fare”, che è il verbo “essere”. Così toccare il Risorto nel sacramento, e lasciare che entri nella nostra miseria “transustanziandola”, ci fa scoprire di nuovo chi siamo veramente e innesta in noi una vita nuova, una vita che Papa Francesco definisce “vita fiorita”.
Queste pagine sono un autentico collirio che può darci in dono l’esperienza di rivedere ciò che forse è davanti ai nostri occhi da sempre, ma che l’abitudine non ci fa vedere più.
di Luigi Maria Epicoco sull’Osservatore Romano, 12 marzo 2019
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