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Papa Francesco e la Santa Sede: tutto quello che prova a fare il Papa per fermare la guerra

I continui appelli di Papa Francesco, ultimo quello all’Angelus di questa domenica, sono caduti a vuoto, alle sorde orecchie dei mercanti della guerra e della morte.
Ma Francesco non è tipo da arrendersi con facilità, e continua ogni giorno ad inviare messaggi, anche attraverso i social network che fanno molto rumore in questa epoca, quasi quanto le bombe.
Anche la Santa Sede tutta è al lavoro, e due cardinali, come ha ricordato il Papa stesso, sono già in zona di guerra per portare aiuti.
Papa Francesco tweet 05 marzo 2022
Papa Francesco tweet 05 marzo 2022
Oggi anche l’intervento del Segretario di Stato Parolin che è stato intervistato da Tv2000.
Parolin ricorda che “l’intervento della Santa Sede si colloca a più livelli”, a partire da quello religioso con l’invito a “un’insistente preghiera perché il Signore doni la pace a quella martoriata terra” e nel “coinvolgere i credenti in questa preghiera corale”.
C’è poi l’intervento umanitario, attraverso le Caritas e le diocesi “impegnate nell’accogliere, come tante altre istituzioni, i profughi che vengono dall’Ucraina”.
Infine “c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico. Ci sono già vari tentativi – spiega – che si stanno svolgendo in giro per il mondo e quindi noi siamo disponibili, se è ritenuto che la nostra presenza e la nostra azione può aiutare, noi siamo lì”.

Le parole del segretario di Stato Parolin

In un’intervista all’emittente della Cei Tv2000, il segretario di Stato sottolinea che la Santa Sede è disponibile a promuovere iniziative di dialogo nella guerra nell’est Europa: la prima escalation da evitare è quella verbale, certe parole infiammano gli animi e portano alla scelta di reagire con altri mezzi

Se la nostra azione può aiutare noi siamo lì. È quanto sottolinea il cardinale Pietro Parolin, in un’intervista a Tv2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana. Il segretario di Stato ribadisce che la prima cosa da fare è “fermare le armi”, “fermare i combattimenti, ma soprattutto evitare una escalation”.

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“La prima escalation – afferma il cardinale – è proprio quella verbale. E quando si comincia ad usare certe parole, certe espressioni, queste non fanno altro che accendere gli animi e portano quasi, direi, naturalmente, insensibilmente anche, all’uso di ben altri mezzi, che sono le armi micidiali che vediamo in azione in questo momento in Ucraina”.

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