Ad un giorno dal viaggio in Egitto, Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet in cui invita a promuovere “l’amicizia e il rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose per costruire un mondo di pace”. Ma quali sono le speranze per questo viaggio apostolico? Ascoltiamo il sacerdote copto Garas Boulos Garas Bishay, parroco di Maria Vergine Regina della Pace, la parrocchia di Sharm el Sheikh, al microfono di Stefano Leszczynski della Radio Vaticana.
R. – Le speranze sono immense. La visita del vicario di Cristo in Egitto ci fa venire i brividi al corpo e al cuore!
D. – Un Egitto che sta soffrendo molto e ha anche molte tensioni. Quanto potrà fare bene anche all’Egitto avere un esempio di dialogo a così alti livelli?
R. – A livello politico l’incontro col presidente è una buona spinta contro la violenza e il terrorismo. Ad un secondo livello, l’incontro con il Grande Imam di Al Azhar è un fatto incredibilmente forte: dimostrare al mondo che le religioni non sono in conflitto, anzi possono dialogare e possono formare un piano di dialogo e di pace per il mondo intero. A livello poi dell’unità della Chiesa, l’incontro del Papa di Roma con il Papa copto ortodosso avrà una grandissima influenza a livello cristiano. Anche l’arrivo del Patriarca di Costantinopoli darà un elemento di ecumenismo internazionale: i capi della Chiesa si mettono insieme a dialogare per l’unione della Chiesa. E a livello della Chiesa cattolica, il quarto livello: la Chiesa cattolica in Egitto sta passando un momento molto delicato e avrà una forte spinta di ossigeno nelle vene che potrà muovere le vele della Chiesa verso l’orizzonte del dialogo interreligioso e interconfessionale.
D. – Lei è parroco a Sharm el Sheikh, una zona dell’Egitto che è meta turistica. Ora che la situazione è così difficile in Egitto come vive la popolazione di Sharm el Sheikh?
R. – A dire la verità abbiamo sofferto molto dalla caduta dell’areo russo fino a oggi. Il Paese non ha ripreso respiro, tanti giovani che lavoravano negli alberghi sono stati rimandati a casa. Decine di migliaia sono dovuti tornare a casa e invece di aiutare le famiglie sono diventati un peso per le loro famiglie. Dunque la zona ha sofferto molto la mancanza di turismo, soprattutto quello russo e italiano. Si spera sempre al meglio ma ogni volta che facciamo un passo avanti ci sorprende un atto terroristico come quello a Santa Caterina e ci fa tornare 10 passi indietro.
D. – Perché secondo lei l’obiettivo del terrorismo è quello di isolare l’Egitto dal resto del mondo, di isolarlo anche dal turismo?
R. – L’Egitto è andato contro un piano internazionale che è stato preparato per la zona del Medio Oriente. Con la rivoluzione del popolo egiziano – 32 milioni di persone per strada contro i Fratelli musulmani, contro Morsi – abbiamo detto “no” a questo piano. Le forze internazionali non hanno potuto dire niente o fare niente ma il loro piano è costato tanto e stanno ancora cercando di realizzarlo in altri modi.
D. – Quindi la Conferenza internazionale alal quale parteciperà il Papa all’Università di Al azhar al Cairo potrebbe essere una risposta valida per rilanciare l’Egitto sulla via del dialogo e della riconciliazione?
R. – Certamente la presenza del Santo Padre, che è veramente considerato un sant’uomo, un uomo di pace, un uomo dei poveri, degli emarginati, degli ammalati, dei prigionieri, della gente senza casa, sarà una benedizione: l’influsso di questa sua presenza in mezzo a noi nella terra d’Egitto, visitata dalla Sacra Famiglia, sicuramente darà il suo frutto. Speriamo bene!
Fonte: Radio Vaticana
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