Non arriva fino alla Sala Clementina il tuonare dell’artiglieria di Donetsk o Mariupol. Ad aleggiarvi è in un certo senso il rombo delle conseguenze, le urla dei “drammi umani” – come li chiama Francesco – che in quelle terre stanno riscrivendo la storia di una nazione con l’inchiostro della violenza, dopo aver polverizzato l’ennesimo tentativo di provare a ragionare guardandosi negli occhi e non da dietro il mirino di un mitra.
Rispettare tregua e legalità internazionale
Sono in tanti i vescovi ucraini seduti in ascolto davanti al Papa, presuli di tradizione greco-cattolico e latina. Francesco affronta due argomenti, il primo ovviamente è la crisi armata che, dice, “continua a mietere vittime innocenti” e a “causare grandi sofferenze all’intera popolazioni”. L’appello del Papa è diretto alle parti in lotta perché, è la sua richiesta, “sia rispettato il principio della legalità internazionale” e in particolare, “sia osservata la tregua recentemente sottoscritta”.
Vicini alla gente
Ma in ballo c’è il ruolo che i vescovi sono chiamati ad assumere in questa fase e Francesco ribadisce un paio di volte che non spetta a un ministro di Cristo “promuovere una concreta soluzione politica”. Il vescovo è, insieme, cittadino e pastore e dunque la prima a essere oggetto di cura deve essere la gente. “Ascoltando il vostro popolo, voi vi fate solleciti verso i valori che lo caratterizzano: l’incontro, la collaborazione, la capacità di comporre le controversie. In poche parole: la ricerca della pace possibile”.
Riaffermate i valori
Difensori degli ultimi
Lo sguardo di Francesco non si allontana mai dalla carne viva, dai problemi che vivono madri, padri, giovani. Il conflitto, osserva, ha causato “gravi ripercussioni nella vita delle famiglie” e inoltre, stigmatizza, si è accentuato il divario dei pochi ricchissimi rispetto a tutti gli altri, fenomeno che “ha inquinato in varia misura, purtroppo, anche le istituzioni pubbliche. Ciò ha generato una iniqua povertà in una terra generosa e ricca”. E qui Francesco, esortando i presuli a ripetere che “il senso di giustizia e di verità, prima che politico, è morale”, li ha invitati ancora a essere i “difensori delle famiglie, dei poveri, dei disoccupati, dei deboli, dei malati, degli anziani pensionati, degli invalidi, degli sfollati”.
Comunione dei cuori
Ma c’è anche un secondo appello che il Papa leva, diretto ai vescovi latini e greco-cattolici. Il peso della storia condiziona i rapporti, e tuttavia, confessa Francesco, “a me personalmente fa male sentire che vi siano incomprensioni e ferite”. Gesù Cristo, dice loro, è il vostro “medico” e voi “siete un corpo unico” e la vostra unità farà bene sia alla Chiesa che alla nazione. “Unite le vostre forze e sostenetevi a vicenda – insiste ancora il Papa – facendo delle vicende storiche un motivo di condivisione e di unità” anche nel cammino ecumenico. Il “sangue dei vostri testimoni”, è l’augurio finale di Francesco, “sia ulteriore motivo che vi sospinge verso la vera comunione dei cuori”.
Fonte: Radio Vaticana
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