“Lo stile di Dio che ci salva servendoci e annientandosi ci insegna che anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile che rimane vittorioso per l’eternità”. Ruota intorno a questo pensiero l’omelia pronunciata dal Papa nella Messa celebrata questa mattina nella Basilica di San Pietro a suffragio dei vescovi e dei cardinali defunti nell’ultimo anno.
”Ci basti Dio”, è stato l’auspicio conclusivo del Pontefice, ”per essere liberi dalle cose effimere”, per essere “figli amati” e non “funzionari”.
Ricordare i cardinali e vescovi deceduti nell’ultimo anno significa pregare perché trovino in Dio la gioia piena nella comunione dei Santi, ma anche rinnovare la scelta che è stata la loro vocazione di ministri, cioè farsi “servi” umili e fino al sacrificio di sé come Dio ha fatto per primo:
“Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo. In realtà, proprio perdendo la vita, la ritrova. Perché una vita che si spossessa di sé, perdendosi nell’amore, imita Cristo: vince la morte e dà vita al mondo. Chi serve, salva. Al contrario, chi non vive per servire, non serve per vivere”.
Come Gesù amiamo con umilità e concretezza
Il Vangelo ci ricorda questo: “Dio ha tanto amato il mondo” che per salvarci ci ha raggiunto là dove eravamo andati a finire, “nella morte”. L’ha presa su di sé “con tutte le sue contraddizioni”, dice il Papa, e ora noi “guardando a Lui e credendo in Lui veniamo salvati”. E questo che Francesco chiama “stile di Dio che ci salva servendoci e annientandosi”, non dunque una vittoria trionfante, ma umilissima basata sulla forza dell’amore, “ha molto da insegnarci “:
“Nella Pasqua di Gesù vediamo insieme la morte e il rimedio alla morte, e questo è possibile per il grande amore con cui Dio ci ha amati, per l’amore umile che si abbassa, per il servizio che sa assumere la condizione del servo. Così Gesù non solo ha tolto il male, ma l’ha trasformato in bene. Non ha cambiato le cose a parole, ma con i fatti; non in apparenza, ma nella sostanza; non in superficie, ma alla radice. Ha fatto della croce un ponte verso la vita. Anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile, che rimane vittorioso per l’eternità. È un amore che non grida e non si impone, ma sa attendere con fiducia e pazienza”.
Lo stile dell’amore di Dio è anche, spiega Francesco, di amare “fino alla fine” il mondo, mentre noi, osserva, siamo portati ad “amare ciò di cui sentiamo il bisogno e che desideriamo”.
Non funzionari, ma figli amati
“E allora anche questa Messa diventa occasione per chiedere al Padre di rivolgere il nostro pensiero alle ‘cose di lassù’, a Dio, al prossimo”, più che “ai nostri bisogni”. Che “sia sufficiente alla nostra vita la Pasqua del Signore”, è l’auspicio finale del Papa,” per essere liberi dagli affanni delle cose effimere che passano e svaniscono nel nulla”:
“Che ci basti Lui, in cui ci sono vita, salvezza, risurrezione e gioia. Allora saremo servi secondo il suo cuore: non funzionari che prestano servizio, ma figli amati che donano la vita per il mondo”.
Il servizio è di Gabriella Ceraso per la Radio Vaticana
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