Dopo la tappa a Nettuno, Papa Francesco si trasferisce in auto al Sacrario delle Fosse Ardeatine, luogo simbolo della Resistenza e degli eccidi nazifascisti. Qui il 24 marzo 1944 furono trucidate 335 persone, civili, militari e prigionieri politici italiani, dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l’attentato partigiano ai soldati tedeschi delle SS di via Rasella.
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Anche qui Francesco – quarto Pontefice a visitare il Sacrario (l’ultimo fu Benedetto XVI il 27 marzo 2011 in concomitanza con l’anniversario della Resistenza) – oppone alle parole il silenzio e si raccoglie in preghiera per alcuni minuti nella Cava in cui avvenne l’eccidio di «dieci italiani per ogni tedesco morto», come recitava la tragica sentenza. La vittima più giovane (tutti uomini) aveva 14 anni, il più anziano era un 74enne.
Francesco entra da solo, percorrendo il lungo corridoio buio in pietra. Il silenzio del suo ingresso è rotto dall’applauso spontaneo dei fedeli radunati in piazza Marzabotto, tra cui spiccano membri dell’Associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la libertà della Patria (Anfim) e diverse donne anziane, emozionatissime, alle quali il Papa ha stretto le mani. Ad accogliere il Papa al suo arrivo c’erano il commissario di “Onorcaduti” e il direttore del Sacrario, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, e la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello.
Giunto alla Cava, il Pontefice ascolta la storia di quel drammatico evento: uomini, trascinati con mani e piedi legati, uccisi cinque alla volta con uno sparo alla nuca e accatastati uno sopra l’altro. China quindi il capo di fronte al cancello in ferro che delimitava il luogo delle esecuzioni e prega per circa 4 minuti; poi scambia alcune parole con il rabbino Di Segni che gli spiega che 75 dei 335 morti erano ebrei: «Tutto condiviso… Ci troviamo insieme a ricordare cose terribili che non devono più succedere». Insieme, Papa e rabbino si recano nel mausoleo dove sono riposte le tombe delle vittime; su alcune di esse Bergoglio posa una rosa bianca e, come nel Cimitero di Nettuno, cammina a passo lento per leggere i nomi incastonati tra le pietre.
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A turno, Di Segni e il Papa pronunciano le loro preghiere. Quella del Papa, scritta su un foglio conservato in tasca, si rivolge al «Dio dei 335 uomini trucidati qui, i cui resti riposano in queste tombe»: «Tu, Signore, conosci i loro volti e i loro nomi, tutti, anche i 12 a noi rimasti ignoti. Per te nessuno è rimasto ignoto. Dio di Gesù, Padre Nostro che sei nei cieli, grazie a Lui, il crocifisso risorto, noi sappiamo che non sei il Dio dei morti ma dei viventi e la tua alleanza è più forte della morte e garanzia di resurrezione. Fa che in questo luogo consacrato alla memoria dei caduti per la libertà e la giustizia ci togliamo i calzari dell’egoismo e dell’indifferenza e attraverso il roveto ardente di questo mausoleo ascoltiamo in silenzio il tuo nome».
Segue la firma del Libro d’Onore: «Questi sono i frutti della guerra: odio, morte, vendetta…. Perdonaci, Signore», scrive Papa Francesco. Che, lasciate le Fosse Ardeatine, conclude il suo 2 novembre con un altro momento di preghiera. Questa volta in Vaticano, nelle Grotte della Basilica, dove riposano i Pontefici del passato che commemora privatamente e ancora in assoluto silenzio.
di Salvatore Cernuzio per Vatican Insider
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