Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Quando insulto, magari anche in macchina nell’ora di punta, ma più spesso per invidia, inizio ad uccidere l’altro, gli tolgo il diritto ad essere rispettabile, uccido il suo futuro. La riconciliazione che ci chiede Gesù è radicale, rispettare la dignità dell’altro e anche la mia. Così Papa Francesco nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, questa mattina, commentando il Vangelo di Matteo sul discorso di Gesù sulla giustizia, l’insulto e la riconciliazione.
“Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario” perché non ti consegni al giudice “e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione”. L’invito di Gesù ai discepoli commenta il Papa è “saggezza umana: sempre è meglio un cattivo accordo che un buon giudizio”. Per fare capire bene il suo insegnamento sul rapporto di amore, di carità con i nostri fratelli, Il Signore usa “un esempio di tutti i giorni”. Poi però “va oltre e spiega il problema degli insulti”.
Sono insulti antiquati, quelli citati da Gesù, sorride Francesco, “Noi abbiamo un elenco di insulti più fioriti, più folclorici, più colorati”. Ed è duro perché al “non uccidere” dei Comandamenti aggiunge: “chiunque si adira con il proprio fratello dovrà andare in giudizio”. Dire al fratello “stupido” o “pazzo” porta alla condanna.
Perché l’ insulto “è l’inizio dell’uccidere, è uno squalificare l’altro, togliere il diritto di essere rispettabile, è metterlo da parte, è ucciderlo dalla società”.
Qui il Papa viene a noi, che siamo “abituati a respirare l‘aria degli insulti”. Basta “guidare la macchina durante l’ora di punta. Lì c’è un carnevale degli insulti. E la gente è creativa per insultare”. E i piccoli insulti, “che per caso si dicono in ora di punta mentre guidiamo la macchina, divengono, dopo, grossi insulti”. E l’insulto cancella il diritto di una persona. ‘No, non ascoltarlo’. “E la lapida. Questa persona non ha più diritto di parlare”, è stata cancellata la sua voce.
L’insulto è tanto pericoloso, spiega quindi Francesco, “perché tante volte nasce dall’invidia”. Quando una persona ha una disabilità, mentale o fisica, non mi minaccia, e non abbiamo voglia di insultarla.
Ma quando una persona fa qualcosa che non piace io l’insulto e la faccio passare come “disabile”: disabile mentale, disabile sociale, disabile famigliare, senza capacità di integrazione … E per questo uccide: uccide il futuro di una persona, uccide il percorso di una persona. È l’invidia che apre la porta, perché quando una persona ha qualcosa che mi minaccia, l’invidia mi porta a insultarla. Quasi sempre c’è l’invidia lì.
Il Libro della Sapienza, aggiunge il Pontefice, “ci dice che per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo. È l’invidia che porta la morte”. Se diciamo “io non ho invidia di nessuno“, pensiamoci bene: “quell’invidia è nascosta e quando non è nascosta, è forte, è capace di farti diventare giallo, verde, come fa il liquido biliare quando sei ammalato”. Gente con l’anima gialla, con l’anima verde per l’invidia che li porta all’insulto, li porta a distruggere l’altro.
Ma Gesù ferma questo percorso, sottolinea alla fine Papa Francesco: “No, questo non si fa”, al punto che se tu vai a pregare, vai a Messa e ti accorgi che uno dei tuoi fratelli ha qualcosa contro di te, va a riconciliarti.
Gesù è così radicale. La riconciliazione non è un atteggiamento di buone maniere, no: è un atteggiamento radicale, è un atteggiamento che cerca di rispettare la dignità dell’altro e anche la mia. Dall’insulto alla riconciliazione, dall’invidia all’amicizia. Questo è il percorso che Gesù ci dà oggi.
Oggi ci farà bene pensare, conclude il Papa: “come insulto, io? Quando insulto io?”
Quando stacco l’altro dal mio cuore con un insulto? E vedere se lì c’è quella radice amara dell’invidia che mi porta a voler distruggere l’altro per sopraffarlo nella concorrenza. Non è facile questo. Ma pensiamo: che bello non insultare mai. È bello, perché così lasciamo crescere gli altri. Che il Signore ci dia questa grazia.
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