Signore Salvami! Il Signore sa che la barca della vita ed il mare dove navighiamo è spesso agitato – lo ha ricordato Papa Francesco prima della recita dell’Angelus di questa domenica.
Ma il Signore nei nostri momenti di buio ci viene incontro. Nelle paure e nelle difficoltà, come mi comporto? Ha chiesto il Papa. Credo che Cristo è più forte delle onde e dei venti avversi?
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi il Vangelo narra un particolare prodigio di Gesù: Egli, di notte, cammina sulle acque del lago di Galilea incontro ai discepoli che stanno compiendo la traversata in barca (cfr Mt 14,22-33). Perché Gesù ha compiuto quel gesto? Forse per una necessità urgente e imprevedibile, per soccorrere i suoi che si trovano bloccati dal vento contrario? Eppure è stato Gesù stesso a programmare tutto, a farli partire di sera, persino – dice il testo – “costringendoli” (cfr v. 22). Forse per dare loro una dimostrazione di grandezza e di potenza? Ma questo non è da Lui. Allora, perché lo ha fatto? Dietro al camminare sulle acque c’è un messaggio non immediato da cogliere per noi. A quel tempo, infatti, le grandi distese d’acqua erano ritenute sedi di forze maligne non dominabili dall’uomo; specialmente se agitati dalla tempesta gli abissi erano simbolo del caos e richiamavano le oscurità degli inferi. Ora, i discepoli si trovano nel mezzo del lago al buio: in loro c’è la paura di affondare, di essere risucchiati dal male.
E qui arriva Gesù, che cammina sulle acque, cioè sopra quelle forze del male, e dice ai suoi: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (v. 27). Ecco il senso del segno: le potenze maligne, che ci spaventano e non riusciamo a dominare, con Gesù vengono ridimensionate. Lui, camminando sulle acque, vuole dirci: “Non avere paura, io metto sotto i piedi i tuoi nemici”: non le persone!, non sono quelle i nemici, ma la morte, il peccato, il diavolo: questi nemici Egli calpesta per noi.
Cristo oggi ripete a ciascuno di noi: “Coraggio, sono io, non avere paura!”. Coraggio, cioè, perché ci sono io, perché non sei più solo nelle acque agitate della vita. E allora, che cosa fare quando ci troviamo in mare aperto e in balia di venti contrari? Cosa fare nella paura, quando si vede solo buio e ci sentiamo perduti? Due cose, che nel Vangelo fanno i discepoli: essi invocano e accolgono Gesù.
Invocano: Pietro cammina un po’ sulle acque verso Gesù, ma poi si spaventa, affonda e allora grida: «Signore, salvami!» (v. 30). È bella questa preghiera, con la quale si esprime la certezza che il Signore può salvarci, che Lui vince il nostro male e le nostre paure. (…) Ripetiamola anche noi, tre volte tutti insieme, soprattutto nei momenti di “tempesta”: Signore, salvami!
E poi i discepoli accolgono Gesù nella barca. Dice il testo che, appena salito a bordo, «il vento cessò» (v. 32). Il Signore sa che la barca della vita, così come la barca della Chiesa, è minacciata da venti contrari e che il mare su cui navighiamo è spesso agitato. Lui non ci preserva dalla fatica del navigare, anzi – il Vangelo lo sottolinea – spinge i suoi a partire: ci invita, cioè, ad affrontare le difficoltà, perché anch’esse diventino luoghi di salvezza, occasioni per incontrare Lui. Egli, infatti, nei nostri momenti di buio ci viene incontro, chiedendo di essere accolto, come quella notte sul lago.
Domandiamoci dunque: nelle paure, come mi comporto? Vado avanti da solo, con le mie forze, o invoco il Signore? E come va la mia fede? Credo che Cristo è più forte delle onde e dei venti avversi? Ma soprattutto: navigo con Lui? Lo accolgo, gli faccio posto nella barca della vita, mai solo, sempre con Gesù, gli affido il timone?
Maria, stella del mare, ci aiuti a cercare, nelle traversate oscure, la luce di Gesù.
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