Gesù è la luce di Dio entrata nelle tenebre del mondo. Lo ricorda Papa Francesco prima della recita dell’Angelus di questa domenica in piazza San Pietro. Vogliamo fargli spazio? Lo chiedo a me, a voi, a tutti – ha proseguito il Pontefice.
Oggi vi invito alla concretezza: quali sono le cose interiori che credo che a Dio non piacciano? Quale è lo spazio che tengo solamente per me? Ognuno di noi sia concreto, e rispondiamo a queste domande.
Lui non si spaventa dei nostri peccati, Lui è venuto per guarirci
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo della Liturgia odierna ci offre una frase bellissima, che preghiamo sempre all’Angelus e che da sola ci rivela il senso del Natale: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Queste parole, se ci pensiamo, contengono un paradosso. Mettono insieme due realtà opposte: il Verbo e la carne.
“Verbo” indica che Gesù è la Parola eterna del Padre, parola infinita, che esiste da sempre, prima di tutte le cose create; “carne” indica invece proprio la nostra realtà creata, fragile, limitata, mortale. Prima di Gesù erano due mondi separati: il Cielo opposto alla terra, l’infinito opposto al finito, lo spirito opposto alla materia.
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E c’è un’altra opposizione nel Prologo del Vangelo di Giovanni, un altro binomio: luce e tenebre (cfr v. 5). Gesù è la luce di Dio entrata nelle tenebre del mondo. Dio è luce: in Lui non c’è opacità; in noi, invece, ci sono molte oscurità.
Ora, con Gesù, si incontrano Luce e tenebre: santità e colpa, grazia e peccato.
Che cosa vuole annunciare il Vangelo con queste polarità? Una cosa splendida: il modo di agire di Dio. Di fronte alla nostra fragilità, il Signore non si tira indietro. Non rimane nella sua eternità beata e nella sua luce infinita, ma si fa vicino, si fa carne, si cala nelle tenebre, abita terre a Lui estranee.
Lo fa perché non si rassegna al fatto che noi possiamo smarrirci andando lontani da Lui, lontani dall’eternità, lontani dalla luce. Ecco l’opera di Dio: venire in mezzo a noi. Se noi ci riteniamo indegni, questo non lo ferma. Se lo rifiutiamo, non si stanca di cercarci. Se non siamo pronti e ben disposti ad accoglierlo, preferisce comunque venire.
Cari fratelli e sorelle,
spesso ci teniamo a distanza da Dio perché pensiamo di non essere degni di Lui per altri motivi. Ed è vero. Ma il Natale ci invita a vedere le cose dal suo punto di vista. Dio desidera incarnarsi. Se il tuo cuore ti sembra troppo inquinato dal male, disordinato, non chiuderti, non avere paura. Pensa alla stalla di Betlemme. Gesù è nato lì, in quella povertà, per dirti che non teme certo di visitare il tuo cuore, di abitare una vita trasandata. (…) Abitare. È il verbo usato oggi dal Vangelo: esprime una condivisione totale, una grande intimità. Questo Dio vuole.
E noi, vogliamo fargli spazio? A parole sì, ma concretamente?
Magari ci sono degli aspetti della vita che teniamo per noi, esclusivi, dei luoghi interiori nei quali abbiamo paura che il Vangelo entri, dove non vogliamo mettere Dio in mezzo. In questi giorni natalizi ci farà bene accogliere il Signore proprio lì. Come? Ad esempio sostando davanti al presepe, perché esso mostra Gesù che viene ad abitare tutta la nostra vita concreta, ordinaria, dove non va tutto bene, ci sono tanti problemi: i pastori che lavorano duramente, Erode che minaccia gli innocenti, una grande povertà… Ma in mezzo a tutto questo c’è Dio, che vuole abitare con noi.
E attende che gli presentiamo le nostre situazioni, quello che viviamo. Allora, davanti al presepe, parliamo a Gesù delle nostre vicende concrete. Invitiamolo ufficialmente nella nostra vita, soprattutto nelle zone oscure, nelle nostre “stalle interiori”. E raccontiamogli senza paura anche i problemi sociali ed ecclesiali del nostro tempo, perché Dio ama abitare tra di noi.
La Madre di Dio, nella quale il Verbo si è fatto carne, ci aiuti a coltivare un’intimità maggiore con il Signore.
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