Nel Vangelo della Domenica delle Palme si incrociano “storie di gioia e di sofferenza, di errori e di successi che fanno parte del nostro vivere quotidiano come discepoli, perché riesce a mettere a nudo sentimenti e contraddizioni che oggi appartengono spesso anche a noi, uomini e donne di questo tempo: capaci di amare molto… e anche di odiare – e molto –; capaci di sacrifici valorosi e anche di saper lavarcene le mani al momento opportuno; capaci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimenti”. Lo ha detto il Papastamane nell’omelia della Domenica delle Palme che apre i riti della Settimana Santa e nella ricorrenza diocesana della XXXIII Giornata Mondiale della Gioventù.
Gesù fa ingresso a Gerusalemme – ha osservato Francesco – tra le grida di “gioia di tanti peccatori perdonati che hanno ritrovato fiducia e speranza. Questa gioia osannante risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano giusti e fedeli alla legge e ai precetti rituali. Gioia insopportabile per quanti hanno bloccato la sensibilità davanti al dolore, alla sofferenza e alla miseria. Gioia intollerabile per quanti hanno perso la memoria e si sono dimenticati di tante opportunità ricevute”.
Chi non comprende gioia e misericordia di Dio perché si sente superiore agli altri allora urla: crocifiggilo! E – ha aggiunto il Papa – “non è un grido spontaneo, ma il grido costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false. E’ la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a incastrare altri per cavarsela. Il grido di chi non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti. E’ il grido che nasce dal truccare la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un malfattore. E’ la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. E’ il grido fabbricato dagli intrighi dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia”.
Salvando noi stessi – ha proseguito il Pontefice – addormentiamo la solidarietà, spegniamo gli ideali e cancelliamo la compassione, “che è la debolezza di Dio”. Come uscirne? “Il miglior antidoto – ha suggerito Francesco – è guardare la croce di Cristo e lasciarci interpellare dal suo ultimo grido. Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi. Guardare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni”.
Concludendo il Papa si rivolge ai giovani la cui gioia è difficilmente manipolabile. Il Papa li invita a non restare in silenzio. “Far tacere i giovani è una tentazione che è sempre esistita. Ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili perché non si facciano domande e non si mettano in discussione. Giovani, sta a voi la decisione di gridare, sta a voi decidervi per l’Osanna della domenica così da non cadere nel crocifiggilo del venerdì… E sta a voi non restare zitti”.
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