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Papa Francesco: guerre e miserie portano al declino della fraternità umana.

Papa Francesco riceve i partecipanti ad un Conferenza su crisi alimentari e umanitarie in corso in Vaticano e parla dell’urgenza di alleviare le sofferenze di chi soffre la fame.
Il suo pensiero va anche all’Ucraina: “Troppo spesso situazioni segnate da calamità naturali, ma anche conflitti armati corruzione politica o economica e sfruttamento della terra, minacciano pericolosamente l’approvvigionamento nutrizionale di intere popolazioni”

fonte: Vaticannews.va 

Garantire l’accesso a cibo sufficiente a chi non ha una alimentazione salutare ed alleviarne quindi le sofferenze è una sfida urgente, che prevede “autorità lungimiranti e pratiche politiche”. Il Papa lo indica ai partecipanti alla Conferenza della Pontificia Accademia delle Scienze, dal titolo “Crisi alimentari e umanitarie: scienza e politiche per la loro prevenzione e mitigazione”, che si conclude oggi alla Casina Pio IV, ricevuti stamattina in udienza.

“Se durante un anno non si facessero le armi – dice ancora il Papa, citando un studioso da lui incontrato – finirebbe la fame nel mondo”.

Troppo spesso situazioni segnate da calamità naturali, ma anche conflitti armati – penso specialmente alla guerra in Ucraina –, corruzione politica o economica e sfruttamento della terra, nostra casa comune, ostacolano la produzione alimentare, minano la tenuta dei sistemi agricoli e minacciano pericolosamente l’approvvigionamento nutrizionale di intere popolazioni.

L’egoismo dei modelli economici

A tutte queste crisi, aggravate dalla pandemia di Covid-19, denuncia Francesco, risponde il “declino della solidarietà fraterna”.

Questo è un dato di fatto: le guerre e le miserie portano al declino della solidarietà fraterna , e questo declino è determinato, tra l’altro, dalle pretese egoistiche insite in alcuni attuali modelli economici.

Il Papa e Tawadros II
Il Papa e Tawadros II

Il Papa e l’abbraccio a Tawadros: la sua visita aiuti a crescere nella comunione

Francesco e il patriarca copto-ortodosso di Alessandria insieme in Piazza San Pietro per l’udienza generale, a dieci anni dal loro primo incontro del 2013 e quello del 1973 tra Paolo VI e Shenouda III: “Questa visita ci avvicini più celermente al giorno in cui saremo una cosa sola”. Un pensiero ai 21 cristiani copti uccisi in Libia nel 2015: “I martiri copti sono nostri martiri”

“Possa questa visita avvicinarci più celermente al giorno benedetto quando saremo una sola cosa in Cristo!”

Prima di tutto l’abbraccio, poi il bacio al medaglione, qualche scambio di parola con l’ausilio di un traduttore e, infine, la camminata l’uno a fianco all’altro verso il palco in Piazza San Pietro per benedire, insieme, la folla riunita per l’udienza generale sotto una pioggia leggera. Dopo dieci anni esatti – erano trascorsi pochi mesi dalla elezione al soglio petrino di Jorge Mario Bergoglio – Papa Francesco e Tawadros II si incontrano di nuovo. Dieci anni dal primo saluto tra il Vescovo di Roma e il patriarca copto-ortodosso di Alessandria; cinquanta dallo storico incontro tra i loro predecessori Paolo VI e Shenouda III (1973) che “culminò con la firma di una memorabile dichiarazione cristologica comune, esattamente il 10 maggio”. Un doppio anniversario celebrato con la visita a Roma del patriarca fino a domenica 14.

“Caro amico e fratello”, dice Francesco – che non pronuncia la catechesi dell’udienza generale – nel suo saluto che fa seguito a quello in arabo di Tawadros. “La ringrazio di aver accettato il mio invito in questo duplice anniversario, e prego che la luce dello Spirito Santo illumini la Sua visita a Roma, gli importanti incontri che avrà qui, e in particolare le nostre conversazioni personali”.

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