Il Pontefice spiega di aver più volte incontrato le realtà legate alla Congregazione per le Chiese Orientali e sottolinea che, nella riunione di questi giorni, ci sarà la possibilità di ascoltare il “grido di molti che in questi anni sono stati derubati della speranza”.
Penso con tristezza, ancora una volta, al dramma della Siria e alle dense nubi che sembrano riaddensarsi su di essa in alcune aree ancora instabili e ove il rischio di una ancora maggiore crisi umanitaria rimane alto. Quelli che non hanno cibo, quelli che non hanno cure mediche, che non hanno scuola, gli orfani, i feriti e le vedove levano in alto le loro voci.
Un grido che se non è ascoltato dagli uomini è però sentito da Dio, “ferito dall’odio e dalla violenza che si può scatenare tra le sue creature, sempre capace – dice Francesco – di commuoversi e prendersi cura di loro con la tenerezza e la forza di un padre che protegge e che guida”.
Ma anche, tante volte penso all’ira di Dio che si scatenerà… con quelli responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre. Questa ipocrisia è un peccato.
Nell’esprimere la sua preoccupazione, il Pontefice menziona l’Iraq dove non mancano tensioni ma dove gli piacerebbe andare nel 2020.
Un pensiero insistente mi accompagna pensando all’Iraq, dove ho la volontà di andare il prossimo anno, perché possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali.
Ricordando i progetti benefici in Ucraina, Francesco parla delle difficoltà per la gente del Paese.
E non dimentico l’Ucraina, perché possa trovare pace la sua popolazione, le cui ferite provocate dal conflitto ho cercato di lenire con l’iniziativa caritativa alla quale molte realtà ecclesiali hanno contribuito.
L’auspicio del Papa è che in Terra Santa si giunga ad una pacifica convivenza nel rispetto di tutti.
In Terra Santa, auspico che il recente annuncio di una seconda fase di studio dei restauri del Santo Sepolcro, che vede fianco a fianco le comunità cristiane dello Statu quo, si accompagni agli sforzi sinceri di tutti gli attori locali ed internazionali perché giunga presto una pacifica convivenza nel rispetto di tutti coloro che abitano quella Terra, segno per tutti della benedizione del Signore.
Francesco invoca l’ascolto del grido di dolore di tanti che fuggono dai conflitti, che lasciano tutto per approdare in un luogo di speranza, ma non nasconde quanto accade in Europa e nei suoi porti.
Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che però apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti, capaci di produrre devastazioni che non risparmiano nemmeno i bambini. Questa è l’ipocrisia della quale ho parlato.
“Hai mutato il mio lamento in pianto”: il Papa cita le parole del Salmo 30 per ricordare che accanto al dolore c’è sempre la speranza e la consolazione, “echi di quella instancabile opera di carità” che la ROACO porta avanti e che “manifesta il volto della Chiesa e contribuisce a renderla viva, in particolare alimentando la speranza per le giovani generazioni”. Francesco ricorda, come si è visto al recente Sinodo, il coraggio di tanti ragazzi che affascinanti dall’annuncio di Cristo lo seguono senza paura, dei giovani di Etiopia ed Eritrea che vivono la “fraternità sincera e rispettosa di ciascuno” dopo la pace siglata tra i due Paesi. Importante l’appello a far conoscere il Documento sottoscritto ad Abu Dhabi insieme al Grande Imam di Al-Ahzar, “alleanza buona per il futuro dell’umanità in esso contenuto”, e a preservare realtà come le scuole e le università che, ad esempio in Libano, rappresentano “laboratori autentici di convivenza e palestre di umanità a cui tutti possano facilmente accedere”.
Vi prego di proseguire e aumentare l’impegno perché nei Paesi e nelle situazioni che sostenete i giovani possano crescere in umanità, liberi da colonizzazioni ideologiche, con il cuore e la mente aperti, apprezzando le proprie radici nazionali ed ecclesiali e desiderosi di un futuro di pace e di prosperità, che non lasci indietro nessuno e nessuno discrimini.
Fonte Vatican News – Benedetta Capelli
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