Gabriella Ceraso- Città del Vaticano
E’ un nuovo bagno di folla, festoso, chiassoso e colorato quello che stringe in un abbraccio la Papamobile mentre costeggia le sponde del mare e si spinge tra centinaia di migliaia di fedeli giunti da tutto il nord del Perù nell’immensa spianata di Huanchaco, in una splendida giornata di sole. Francesco arriva dall’aeroporto di Trujillo, dove è atterrato poco prima delle 9.00 accolto dalla gioia dei danzatori de La Marinera, ballo tradizionale. La regione è quella settentrionale de La Libertad già visitata da San Giovanni Paolo II. E così, all’indomani dell’immersione nel polmone verde della terra, l’Amazzonia, l’infaticabile successore di Pietro visita la culla delle civiltà precolombiane a due passi da un mare considerato un piccolo paradiso.
E’ una terra ricca, ma anche fragile quando il caldo periodicamente muove la furia de El Niñocostiero e le alluvioni ingoiano villaggi e case, come accaduto l’anno scorso. “Queste terre hanno il sapore del Vangelo” esordisce il Papa nella sua omelia e “ i discepoli di ieri, come tanti di voi oggi, si guadagnano da vivere con la pesca”. Vita, sogni, speranze in questa “laguna con pesci dorati”, ma anche “colpi” duri della natura”:
Voi, come gli apostoli, conoscete la forza della natura e avete sperimentato i suoi colpi. Come essi affrontarono la tempesta sul lago, a voi è toccato affrontare il duro colpo del “Niño costiero”, le cui conseguenze dolorose sono tuttora presenti in tante famiglie, specialmente quelle che non hanno ancora potuto ricostruire le loro case. Anche per questo ho voluto venire e pregare qui con voi.
“Portiamo a questa Eucaristia, anche quel momento difficile” che “interpella” la nostra fede. “Uniamoci a Gesù- chiede Francesco- che ha attraversato tutti i dolori per poterci accompagnare nei nostri”. Durante gli ”scossoni” e le prove, è la riflessione del Papa, ci rendiamo conto di quanto sia importante “essere uniti” e trovare la “strada per andare avanti”. Come per le vergini uscite con le lampade incontro allo sposo, di cui parla l’odierno Vangelo di Matteo, è “importante” rimarca Francesco “riempire la nostra vita con quell’olio che permette di illuminare le situazioni di oscurità”:
So che, nel momento di oscurità, quando avete sentito il colpo del Niño, queste terre hanno saputo mettersi in movimento e avevano l’olio per correre e aiutarsi come veri fratelli. C’era l’olio della solidarietà, della generosità che vi ha messi in movimento e siete andati incontro al Signore con innumerevoli gesti concreti di aiuto. In mezzo all’oscurità, insieme a tanti altri, siete stati torce vive e avete illuminato la strada con mani aperte e disponibili per alleviare il dolore e condividere quello che avevate nella vostra povertà.
Da questo si misura, spiega il Papa, l’anima di una comunità: “da come riesce ad unirsi per affrontare i momenti difficili, per mantenere viva la speranza”. In questo atteggiamento è la più “grande testimonianza evangelica”:
Perché la fede ci apre ad avere un amore concreto, fatto di opere, di mani tese, di compassione; che sa costruire e ricostruire la speranza quando tutto sembra perduto. Così diventiamo partecipi dell’azione divina, quella che ci descrive l’apostolo Giovanni quando ci mostra Dio che asciuga le lacrime dei suoi figli. E quest’opera divina Dio la compie con la stessa tenerezza di una madre che cerca di asciugare le lacrime dei suoi figli. Com’è bella la domanda che ci farà il Signore alla fine della giornata: quante lacrime hai asciugato oggi?
Ma le” tempeste” con “effetti devastanti” non sono solo quelle legate alla natura. Esistono “altre situazioni che voi conoscete e soffrite” e che, come “ peggiori inondazioni abbattono la mutua fiducia”. Anche queste, dice il Papa, “reclamano da noi l’olio che abbiamo per farvi fronte”:
Si chiamano violenza organizzata, come il “sicariato” e l’insicurezza che esso crea; la mancanza di opportunità educative e di lavoro, specialmente tra i più giovani, che impedisce loro di costruire un futuro con dignità; la mancanza di un alloggio sicuro per tante famiglie costrette a vivere in zone ad alta instabilità e senza accessi sicuri.
Come superare dunque queste situazioni e aiutare i nostri figli a farlo? L’unica via di uscita che Francesco indica a migliaia di peruviani e credenti è il “Vangelo”, è “Gesù Cristo”. Da qui la sua esortazione a riempire la vita di Vangelo, a “lasciarsi ungere dal Signore con l’olio dello Spirito”:
Lui trasforma tutto, rinnova tutto, consola tutto. In Gesù abbiamo la forza dello Spirito per non accettare come normale ciò che ci fa male, ma rendere una cosa naturale, ciò che ci inaridisce lo spirito e, quel che è peggio, ci ruba la speranza. Voi peruviani in questo momento della vostra storia non avete diritto a lasciarvi rubare la speranza! In Gesù abbiamo lo Spirito che ci mantiene uniti per sostenerci a vicenda e far fronte a ciò che vuole prendersi il meglio delle nostre famiglie. In Gesù Dio ci rende comunità credente capace di sostenersi; comunità che spera e perciò lotta per respingere e trasformare le molteplici avversità; comunità che ama perché non permette che stiamo con la mani in mano.
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Ecco dunque conclude il Papa che solo con Gesù “l’anima del popolo di Trujillo potrà continuare a chiamarsi la città dell’eterna primavera”, perché con Lui tutto diventa “occasione di speranza”.
Conoscendo e rimarcando l’amore di questa terra verso la Madonna, la cui statua con le vesti della Vergine della Porta campeggia sul palco della spianata, il Papa conclude la sua omelia coinvolgendo i fedeli nella recita di una canzone marinara e stimolandoli a cantarla insieme:
“Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore.”
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