Sacerdoti siano semplici, evitino ogni forma di doppiezza e non cerchino il proprio interesse. Sono alcuni dei consigli che Francesco ha offerto ai seminaristi del Pontificio Seminario Lombardo, ricevuti in Vaticano nel 50.mo di fondazione da parte del Beato Paolo VI. Il Papa ha ribadito che non bisogna formarsi a “compartimenti stagni” e ha invitato i pastori – con le parole di San Carlo Borromeo – ad essere “padri per la gente, soprattutto per i poveri”. L’indirizzo di saluto è stato pronunciato dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola.
Siate sacerdoti “secondo il cuore di Dio, non secondo le preferenze di ciascuno o le mode del momento, ma come l’annuncio del Vangelo richiede”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto alla comunità del Pontificio Seminario Lombardo in Roma. Il Pontefice ha ricordato che questa istituzione fu benedetta 50 anni fa dal Beato Paolo VI nello spirito del Concilio Vaticano II che spingeva la Chiesa ad “annunciare il Vangelo in modo nuovo”.
“Normalità” dei sacerdoti sia la santità, no a doppia vita
Francesco ha dunque sottolineato che per “prepararsi bene occorre un lavoro approfondito, ma soprattutto una conversione interiore” quotidiana. Ed ha citato come modello San Carlo Borromeo la cui vita, diceva il padre gesuita de Certeau, era come un costante “movimento di conversione, proteso a riflettere l’immagine del Pastore”. Quindi, il Papa si è soffermato su alcune tentazioni che vanno respinte da parte dei sacerdoti: innanzitutto quella della normalità, di un Pastore a cui basta una vita “normale”:
“Allora questo sacerdote comincia ad accontentarsi di qualche attenzione da ricevere, giudica il ministero in base ai suoi successi e si adagia nella ricerca di ciò che gli piace, diventando tiepido e senza vero interesse per gli altri. La ‘normalità’ per noi è invece la santità pastorale, il dono della vita. Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre o peggio”.
Sacerdoti siano uomini spirituali e pastori misericordiosi
San Carlo, ha soggiunto, “desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri”. Ma, ha ammonito, “può annunciare parole di vita solo chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio o, meglio, con Dio che parla”. In questi anni, ha sottolineato, “vi è affidata la missione di allenarvi in questo dialogo di vita” perché “la conoscenza delle varie discipline che studiate non è fine a sé stessa, ma va concretizzata nel colloquio della preghiera e nell’incontro reale con le persone:
“Non giova formarsi a compartimenti stagni; preghiera, cultura e pastorale sono pietre portanti di un unico edificio: devono stare sempre saldamente unite per sostenersi a vicenda, ben cementate tra loro, perché i sacerdoti di oggi e domani siano uomini spirituali e pastori misericordiosi, interiormente unificati dall’amore del Signore e capaci di diffondere la gioia del Vangelo nella semplicità della vita”.
Sacerdoti siano semplici nella vita e nella predicazione
“L’evangelizzazione – ha detto ancora – oggi, sembra chiamata a dover nuovamente percorrere proprio la via della semplicità”:
“Semplicità di vita, che eviti ogni forma di doppiezza e mondanità, a cui basti la comunione genuina con il Signore e con i fratelli; semplicità di linguaggio: non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi”.
Francesco ha infine sottolineato “la necessità, per essere un buon sacerdote, del contatto e della vicinanza con il Vescovo”, vivere la “diocesanità”. “Un sacerdote che non ha un rapporto assiduo con il suo Vescovo – ha avvertito – lentamente si isola dal corpo diocesano e la sua fecondità diminuisce, proprio perché non esercita il dialogo con il Padre della Diocesi”. Dal Papa infine l’incoraggiamento ai seminaristi a “coltivare la bellezza dell’amicizia e l’arte di stabilire relazioni, per creare una fraternità sacerdotale più forte delle diversità particolari”.
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Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Alessandro Gisotti)
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