Tiziana Campisi – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Da Lisbona, “città dell’incontro che abbraccia vari popoli e culture e che diventa in questi giorni ancora più universale” e “capitale del futuro”, Francesco, nel primo discorso, l’unico in italiano, del suo 42.mo viaggio apostolico, focalizza la sua riflessione sull’Europa, in questo “frangente tempestoso” della storia in cui “si avverte la mancanza di rotte coraggiose di pace”. Al Centro Culturale di Belém, parla alle autorità politiche e religiose, al corpo diplomatico e a imprenditori e rappresentanti della società civile che applaudono diverse volte ascoltandolo. Il vecchio continente sembra non offrire “vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insaguinano il mondo”, osserva il Papa, che, dinanzi a un Occidente la cui tecnologia responsabile del progresso e della globalizzazione del mondo “da sola non basta”, come non bastano “le armi più sofisticate”, manifesta le sue preoccupazioni per i continui investimenti sugli armamenti e confida i suoi desideri.
Io sogno un’Europa, cuore d’Occidente, che metta a frutto il suo ingegno per spegnere focolai di guerra e accendere luci di speranza; un’Europa che sappia ritrovare il suo animo giovane, sognando la grandezza dell’insieme e andando oltre i bisogni dell’immediato; un’Europa che includa popoli e persone con la propria loro cultura, senza rincorrere teorie e colonizzazioni ideologiche. E questo ci aiuterà a pensare ai sogni dei padri fondatori dell’Unione europea: questi sognavano alla grande!
Per Francesco è “prioritario difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano, la cultura dello scarto della vita”. Il pensiero va ai “tanti bambini non nati e anziani abbandonati a sé stessi, alla fatica di accogliere, proteggere, promuovere e integrare chi viene da lontano e bussa alle porte, alla solitudine di molte famiglie in difficoltà nel mettere al mondo e crescere dei figli”.
È un Occidente “con lo scarto dei vecchi, i muri col filo spinato, le stragi in mare e le culle vuote” quello di oggi, rimarca il Papa, in cui, “di fronte al male di vivere”, vengono offerti “rimedi sbrigativi e sbagliati, come il facile accesso alla morte, soluzione di comodo che appare dolce, ma in realtà è più amara delle acque del mare”.
“Penso a tante leggi sofisticate sull’eutanasia”, prosegue il Pontefice, e alle sue parole segue un gragoroso battito di mani. Ma c’è da sperare nell’“oceano di giovani” che si sta riversando in questi giorni a Lisbona, che così diviene “la città della speranza”. Quei ragazzi provenienti da tutto il mondo “coltivano i desideri dell’unità, della pace e della fraternità”, sono “giovani che sognano”, continua il Papa, che “ci provocano a realizzare i loro sogni di bene”.
Non sono nelle strade a gridare rabbia, ma a condividere la speranza del Vangelo, la speranza della vita. E se da molte parti oggi si respira un clima di protesta e insoddisfazione, terreno fertile per populismi e complottismi, la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme. Rinverdisce il desiderio di creare novità, di prendere il largo e navigare insieme verso il futuro.
Con lo sguardo alla città che ospita la Gmg 2023, “la capitale più a ovest dell’Europa continentale”, Francesco sottolinea che in quanto tale Lisbona richiama “la necessità di aprire vie di incontro più vaste, come il Portogallo già fa, soprattutto con Paesi di altri continenti accomunati dalla stessa lingua”. Da qui l’aspettativa che dal XXXVII raduno internazionale dei giovani scaturiscano dei frutti.
Auspico che la Giornata Mondiale della Gioventù sia, per il “vecchio continente” – è vecchio, possiamo dire: l’ “anziano” continente -, un impulso di apertura universale, cioè impulso di apertura che divenga più giovane. Perché di Europa, di vera Europa, il mondo ha bisogno: ha bisogno del suo ruolo di pontiere e di paciere nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente. Così l’Europa potrà apportare, all’interno dello scenario internazionale, la sua specifica originalità, delineatasi nel secolo scorso quando, dal crogiuolo dei conflitti mondiali, fece scoccare la scintilla della riconciliazione.
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