Nel tradizionale colloquio con i giornalisti, durante il volo verso Cuba, Papa Francesco ha detto che il mondo è assetato di pace e ha ricordato i tanti migranti che fuggono dalle guerre e dalla morte.
Quindi ha confessato la sua commozione quando prima di partire ha salutato una delle due famiglie di profughi siriani accolte nella Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano.
Papa Francesco ha chiesto ai giornalisti di aiutarlo a costruire ponti, piccoli ponti – ha detto – ma un ponte dopo l’altro – ha precisato – costruisce la pace. Il Pontefice si è recato poi a salutare i singoli giornalisti.
“Mi sono emozionato tanto oggi – ha detto -, quando congedandomi dalla Porta di Sant’Anna, c’era una delle due famiglie che stanno nella parrocchia Sant’Anna, in Vaticano, accolte lì. Sono siriani, profughi: si vedeva il dolore nei loro volti”. Agli stessi giornalisti, che poi ha salutato uno per uno, ha quindi augurato di lavorare per “costruire ponti”. E proprio quella di costruire sempre nuovi ponti è la missione di fondo di questo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti, Paesi nel pieno di una normalizzazione dei rapporti, favorita anche dalla mediazione della Santa Sede, dopo oltre cinquant’anni di reciproco “muro”. All’Avana, all’aeroporto internazionale Josè Martì, il Papa è stato accolto con gli onori militari più alti, con 21 salve di cannone. Qui la prima stretta di mano col presidente Raul Castro, e anche il primo saluto inviato all’anziano ‘lider maximo’ Fidel, che dovrebbe incontrare.
“Vorrei chiederle, signor presidente, di trasmettere i miei sentimenti di speciale considerazione e rispetto a suo fratello Fidel”, ha affermato nella cerimonia di benvenuto. Uno degli auspici da lui formulati è stato che “la Chiesa continui ad accompagnare e incoraggiare il popolo cubano nelle sue speranze e nelle sue preoccupazioni con libertà e con i mezzi e gli spazi necessari”. Bergoglio non ha mancato di rievocare i “memorabili viaggi apostolici” compiuti sull’isola comunista da Giovanni Paolo II nel 1998 e Benedetto XVI nel 2012. “So che il loro ricordo suscita gratitudine e affetto nel popolo e nelle autorità di Cuba – ha sottolineato -. Oggi rinnoviamo questi legami di cooperazione e amicizia”
. E ricordando che il suo viaggio coincide con i 100 anni della proclamazione della Virgen de la Caridad del Cobre come patrona dell’isola, Francesco ha spiegato che pregherà nel santuario ad essa dedicato a Santiago “per tutti i suoi figli cubani e per questa amata Nazione, perché percorra sentieri di giustizia, di pace, di libertà e di riconciliazione”. Un ultimo richiamo, infine, mentre è ancora aperta la spinosa questione dell’embargo Usa (Raul Castro, che ha chiesto anche la restituzione del “territorio occupato” di Guantanamo, l’ha definito “crudele, immorale, illegale”) proprio al processo di normalizzazione dei rapporti con Washington, “che ci riempie di speranza”.
“Incoraggio i responsabili politici – ha scandito il Pontefice – a proseguire su questo cammino e a sviluppare tutte le sue potenzialità, come prova dell’alto servizio che sono chiamati a prestare a favore della pace e del benessere dei loro popoli, di tutta l’America, e come esempio di riconciliazione per il mondo intero”. “Il mondo ha bisogno di riconciliazione in questa terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo”, ha aggiunto. Non senza ricordare anche le celebri parole di papa Wojtyla al suo arrivo sull’isola il 21 gennaio 1998: “Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba”.
La bandiera della Santa Sede sventolerà al Palazzo di Vetro di New York il 25 settembre, la mattina dell’arrivo di Papa Francesco. Lo confermano all’ANSA fonti dell’Onu. Si tratta di una svolta dopo che il Nunzio del Vaticano all’Onu, arcivescovo Bernadito Auza, aveva escluso la possibilità che il vessillo venisse issato per la visita di Bergoglio. Il 10 settembre l’Assemblea Generale ha approvato una risoluzione che permette agli Stati osservatori non membri – Vaticano e Palestina – di far sventolare la propria bandiera.