Questa domenica ricorre la Giornata mondiale delle vittime della strada. All’Angelus, Papa FRancesco ha esortato a ricordare nella preghiera quanti hanno perso la vita, “auspicando l’impegno costante nella prevenzione degli incidenti stradali, come pure un comportamento prudente e rispettoso delle norme da parte degli automobilisti”. Nel 2013 in Italia i morti sono stati 3400, in diminuzione ma sempre troppi. Fabio Colagrande della Radio Vaticana ne ha parlato con Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada (Aifvs):
R. – La ricorrenza serve a noi per riflettere, proprio per liberarci dai comportamenti omissivi, prepotenti, di trasgressione delle norme. E questa trasgressione delle norme deve essere vista non soltanto con riferimento alle persone ma anche alle istituzioni. Quest’anno abbiamo cercato di puntare l’attenzione, certo, sul più debole ma nello stesso tempo sul fatto che la strage è effettivamente diminuita. Rifacevo il conto: nel quinquennio del 2008 al 2013, i morti sono diminuiti di 1.346 unità, i feriti di 53.318 unità e gli incidenti di 37.736. Quindi, la diminuzione c’è stata. E allora, se la strage è diminuita, vuol dire che può diminuire sempre di più. E se non è diminuita di più, la colpa è principalmente delle istituzioni. Dobbiamo avere le idee chiare: con il comportamento omissivo le istituzioni mantengono la strage.
D. – Voi parlate di un modo “burocratico” con cui le istituzioni affrontano questi problemi, che significa?
R. – Nel senso che magari si vede che in certi tratti stradali c’è pericolosità, etc.. Un ufficio trasmette la notizia all’altro, ma poi tutto si blocca in una questione di carte, passaggio di carte. Poi, c’è sempre la giustificazione: perché non hanno i soldi. Ma non è vero che ci vogliono necessariamente molti soldi per fare determinati interventi che eviterebbero condizioni di pericolo, perché a volte si tratta solo di un segnale mal posto. In questo modo si subordina ai soldi anche la propria intelligenza, così diminuisce il senso di responsabilità della persona. E’ assurdo che una persona non si renda conto, in un’istituzione, che ha un obiettivo da raggiungere e di quell’obbiettivo deve rispondere. Le istituzioni hanno il compito di garantire la sicurezza sulla strada. La maggior parte degli incidenti si concentra sempre sugli stessi tratti: vuol dire che si conoscono già le condizioni di pericolo. E perché non si tolgono quelle situazioni di pericolo? E così come si sanziona il conducente, anche se non causa l’incidente, solo perché non osserva le norme, allo stesso modo si deve sanzionare l’ente che gestisce il territorio perché mantiene una situazione di pericolosità, pur se non si verifica l’incidente.
D. – In occasione di un vostro convegno San Giovanni Paolo II disse delle parole forti: “Non rassegnatevi mai a considerare le vittime della strada come un fatale ed inevitabile pedaggio da pagare al progresso”…
R. – Ci vuole veramente un po’ di luce nella coscienza: capire che cosa dobbiamo fare in questo mondo di cui abbiamo la responsabilità, della cui gestione, del cui miglioramento abbiamo la responsabilità, come pure abbiamo la responsabilità del suo peggioramento. Quindi per noi questo richiamo morale, questa indicazione che ha dato Giovanni Paolo II è una cosa importantissima perché pone l’attenzione sull’uomo. Non dobbiamo pensare che il progresso debba distruggere l’uomo e quindi noi ci dobbiamo impegnare perché tutto questo non avvenga. E tuttavia questo messaggio cade nel vuoto e non viene percepito da coloro che hanno la responsabilità di contrastare la strage. C’è, per esempio, l’obiettivo “Visione Zero”: cioè non accettare morti e feriti sulle strade come effetti collaterali inevitabili. Mi sento dire tante volte che questo non si può raggiungere. Non si può raggiungere perché non ci sono gli interventi adeguati, altrimenti si potrebbe raggiungere. E ci sono diversi Paesi europei che hanno “Visione Zero”. Certo è un obiettivo al lungo termine ma bisogna avere un obiettivo elevato per raggiungere traguardi di rispetto della persona umana.