Sintesi dell’udienza generale di Papa Francesco
L’uguaglianza in Cristo di schiavi e liberi, di uomo e donna, di “giudeo e greco” è rivoluzionaria. La chiamata è a cercare l’unità, senza cadere in contrasti e discriminazioni perché ogni distinzione diventa secondaria rispetto alla dignità di essere figli di Dio, che realizza “una vera e sostanziale uguaglianza”. È il cuore della riflessione che Papa Francesco rivolge all’udienza generale in Aula Paolo VI, proseguendo il ciclo di catechesi sulla Lettera ai Galati. Non bisogna dunque dare per scontata questa realtà di essere figli di Dio, come facciamo troppo spesso noi cristiani. Bisogna invece fare memoria del momento in cui lo siamo diventati, il nostro Battesimo la cui data dobbiamo ricordare, esorta il Papa come fatto più volte nel corso del suo pontificato.
Rendere concreta l’unità
Da qui la chiamata a vivere una nuova vita riscoprendo la bellezza di essere figli di Dio, fratelli e sorelle tra di noi perché inseriti in Cristo.
Le differenze e i contrasti che creano separazione non dovrebbero avere dimora presso i credenti in Cristo. La nostra vocazione è piuttosto quella di rendere concreta ed evidente la chiamata all’unità di tutto il genere umano. Tutto quello che esaspera le differenze tra le persone, causando spesso discriminazioni, tutto questo, davanti a Dio, non ha più consistenza, grazie alla salvezza realizzata in Cristo. Ciò che conta è la fede che opera seguendo il cammino dell’unità indicato dallo Spirito Santo.
Anche oggi ci sono milioni di nuovi schiavi
Con audacia Paolo afferma, infatti, che quella ricevuta con il Battesimo è un’identità talmente nuova da prevalere rispetto alle differenze, notando che “si leggono spesso con troppa fretta” le sue espressioni, “senza cogliere il valore rivoluzionario che possiedono”. Un insegnamento, quello di Paolo, che poteva anche “suonare come eretico”, rimarca il Papa riferendosi a quanto l’Apostolo scriveva riguardo al fatto che in Cristo “non c’è Giudeo né Greco” e questo equivaleva a “un’autentica sovversione in ambito etnico-religioso”.
Anche la seconda uguaglianza, tra “liberi” e “schiavi”, apre prospettive sconvolgenti. Per la società antica era vitale la distinzione tra schiavi e cittadini liberi. Questi godevano per legge di tutti i diritti, mentre agli schiavi non era riconosciuta nemmeno la dignità umana. Questo, anche succede oggi: tanta gente nel mondo, tanta, milioni, che non hanno diritto a mangiare, non hanno diritto all’educazione, non hanno diritto al lavoro: sono i nuovi schiavi, sono coloro che sono alle periferie, che sono sfruttati da tutti. Anche oggi c’è la schiavitù: pensiamo un poco a questo. Noi neghiamo a questa gente la dignità umana.
Riaffermare uguaglianza sociale fra uomo e donna
L’uguaglianza in Cristo supera anche “la differenza sociale tra i due sessi, stabilendo un’uguaglianza tra uomo e donna allora rivoluzionaria e che c’è bisogno di riaffermare anche oggi”, rimarca.
Quante volte noi sentiamo espressioni che disprezzano le donne! Quante volte abbiamo sentito: “Ma, no, non fare nulla, [sono] cose di donne”. Ma guarda che uomo e donna hanno la stessa dignità, e c’è nella storia, anche oggi, una schiavitù delle donne: le donne non hanno le stesse opportunità degli uomini. Dobbiamo leggere quello che dice Paolo: siamo uguali in Cristo Gesù.
Paolo, dunque, afferma “la profonda unità che esiste tra tutti i battezzati, a qualsiasi condizione appartengano, perché ciascuno di loro, in Cristo, è una creatura nuova”.
Figli di Dio in Cristo
La figliolanza di cui parla Paolo, sottolinea poi il Papa, non è più quella generale che coinvolge tutti gli uomini in quanto figli dell’unico Creatore ma l’essere figli di Dio «in Cristo»: è “questo ‘in Cristo’ che fa la differenza”, è la novità. “Non soltanto figli di Dio” perché, ribadisce a braccio, “tutti gli uomini e donne siamo figli di Dio, tutti, qualsiasi sia la religione che abbiamo” ma “in Cristo” è “quello che fa la differenza tra i cristiani, e questo soltanto avviene nella partecipazione alla redenzione di Cristo e in noi nel sacramento del Battesimo”.
La fonte è il Battesimo
Centrale, dunque, la fonte di tutto questo che è il Battesimo – non “un mero rito esteriore” – la cui grazia è partecipare della morte e risurrezione di Cristo: quanti lo ricevono vengono trasformati nel profondo, nell’essere più intimo, e possiedono una vita nuova, appunto quella che permette di rivolgersi a Dio e invocarlo con il nome di “Abbà”, cioè “papà”.
Il pensiero al popolo etiope, cubano e il ricordo del cardinale Wyszyński
Nei saluti il Papa ha anche ricordato il popolo etiope, “in modo particolare a quanti soffrono a motivo del conflitto in atto e della grave situazione umanitaria da esso causata”, auspicando che questo “sia questo un tempo di fraternità e di solidarietà in cui dare ascolto al comune desiderio di pace”. Ha anche rivolto il suo pensiero al popolo cubano, che celebra la Patrona e Madre, la Vergine della Carità del Cobre. Ricordando il suo pellegrinaggio al suo Santuario, nel 2015, “voglio presentare nuovamente ai piedi della Vergine della Carità – scrive – la vita, i sogni, le speranze e i dolori del popolo di Cuba” perché dovunque vi sia un cubano sperimenti la tenerezza di Maria. Il Papa ha anche espresso la sua gioia per la prossima beatificazione del cardinale Stefano Wyszyński e madre Elisabetta Rosa Czacka.
(Fonte Debora Donnini – Città del Vaticano)