Domenica 25 maggio, dopo il congedo dalla Giordania, l’arrivo a Betlemme, nei Territori palestinesi. A seguire la cerimonia di benvenuto nel Palazzo presidenziale e la visita di cortesia al presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas. Quindi l’incontro con le autorità locali. Il Pontefice celebrerà poi la Santa Messa e la preghiera del Regina Coeli nella Piazza della Mangiatoia. Pranzerà con un gruppo di famiglie palestinesi al Convento francescano di Casa Nova. Subito dopo, è prevista la visita privata alla Grotta della Natività. A seguire, nel Phoenix Center del campo profughi di Dheisheh, il saluto ai bambini lì ospitati, a quelli di Aida e di Beit Jibrin. Termina così la tappa a Betlemme, col trasferimento a Tel Aviv, in Israele. Da qui a Gerusalemme. Quindi, nella sede della Delegazione Apostolica, l’incontro in forma privata col Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e la firma di una dichiarazione congiunta. Poi, nella Basilica del Santo Sepolcro, l’atteso incontro ecumenico in occasione del 50° anniversario dell’abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora. A seguire la cena coi Patriarchi, con i vescovi e con il seguito papale al Patriarcato latino. Lunedì 26 maggio, dopo la visita al Gran Muftì di Gerusalemme nell’edificio del Gran Consiglio sulla Spianata delle Moschee e quella al Muro occidentale, il Papa deporrà dei fiori al Monte Herzl e visiterà il Memoriale dello Yad Vashem. Al Centro Heichal Shlomo, nei pressi della Jerusalem Great Synagogue, il Santo Padre sarà in visita di cortesia ai due Gran Rabbini di Israele. Quindi si recherà nel Palazzo presidenziale per quella al presidente israeliano Shimon Peres. Nel Notre Dame Jerusalem Center, si terrà l’udienza privata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Dopo il pranzo col seguito, Papa Francesco si trasferirà nell’edificio antistante la chiesa ortodossa di Viri Galileai sul Monte degli Ulivi, per una visita privata al Patriarca Bartolomeo I. Seguirà nella chiesa del Getsemani, accanto all’Orto degli Ulivi, l’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi. Poi, nella sala del Cenacolo, la Santa Messa con gli ordinari di Terra Santa e il seguito, ultimo atto di questo primo pellegrinaggio di Papa Francesco nella terra di Gesù. Infine, il trasferimento da Gerusalemme all’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv e il congedo dallo Stato di Israele. Il rientro a Roma Ciampino nella tarda serata di lunedì.
Con il viaggio si commemora lo storico abbraccio tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora, avvenuto 50 anni fa. Come anticipato, presso la Basilica del Santo Sepolcro si celebrerà l’incontro ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli. Nel cammino ecumenico, che cosa rappresenterà il nuovo incontro? Un nuovo slancio, un nuovo appello, un invito a questa comunione, a questa unità dei cristiani. Ricordo che nel ’64 ci fu grande entusiasmo fra tutti i cristiani per questo movimento ecumenico. Abbiamo fatto progressi, ma siamo rimasti separati. C’è una comunione, c’è una collaborazione a livello istituzionale, in Terra Santa, in Giordania e Gerusalemme, con le nostre scuole, gli ospedali, la Caritas. La comunione, però, l’unità completa, secondo il desiderio del Signore Gesù, non è ancora stata realizzata. Però vivremo lo stesso entusiasmo, gioia, incoraggiamento, speranza. Continuiamo a pregare, continuiamo a lavorare, continuiamo a vivere questa unità nelle nostre istituzioni cattoliche latine, del Patriarcato Latino, in tante scuole, in tanti ospedali ed in tante opere buone di carità, per tutti, senza distinzioni. In un certo senso, io dico che tutti i cristiani sono miei: che siano ortodossi o armeni non cambia niente di fronte a Dio e alla storia.
I cristiani di Terra Santa soffrono le condizioni di vita particolarmente difficili, che spesso li inducono ad emigrare. Cosa si attendono questi fedeli dalla visita del Papa? Oggi come oggi tutto il Medio Oriente soffre. Speriamo, siamo certi, che il Santo Padre ci darà una parola d’incoraggiamento, per confermarci in questa fede. Quanto costa la fede qui? Per avere fede qui, bisogna pagarne il prezzo, costa. Non dimentichiamo che prima di noi, anche il Signore ha pianto! Continuiamo a pregare, a piangere, ad accogliere i pellegrini: che siano tutti benvenuti, che si sentano a casa. Però la situazione è quella che è. Ma non perdiamo mai la speranza: il Signore ci ama e ci incoraggia.
E le attese nelle altre comunità? Quella ebraica, quella musulmana… Per fortuna tutti pensano che il Santo Padre sia loro amico. E va da sé che qualsiasi discorso, qualsiasi parola per una maggiore giustizia, per una maggiore dignità, per una maggiore collaborazione avrà indirettamente una dimensione politica.
Quale impulso potrà dare il viaggio di Papa Francesco ai negoziati di pace tra israeliani e palestinesi? Dobbiamo aspettare un poco per vedere le reazioni sui giornali, le voci. Non dobbiamo anticipare e bruciare le tappe.
In Siria si sono ormai superati tre anni di guerra. Il Papa più volte ha levato la sua voce, la sua preghiera per la pace, per le popolazioni colpite dal conflitto. Il Patriarcato di Gerusalemme è impegnato nell’accoglienza e nella solidarietà per i profughi siriani. Lei ha ricordato che ci sarà una tappa in Giordania. Come il Papa incontrerà questi profughi? Incontrerà questi profughi in Giordania, ma non tutti, solo i bambini. Abbiamo, infatti, un milione di profughi. I bambini rappresenteranno tanti campi, perché ormai non c’è più un solo campo in Giordania. I siriani sono su tutto il territorio giordano, fino al Sud, per cercare lavoro, vita, dignità. Preghiamo anche per questa pace. Ricordiamo la volta in cui il Santo Padre ha chiamato tutto il suo “esercito” di fedeli per pregare per la pace e ha fermato una guerra, un attacco militare, che era certo, sicuro. E con la preghiera di tanti fedeli, grazie a Dio, non ha avuto luogo.
In queste settimane, la Santa Sede ha confermato il viaggio del Papa, dopo che i media internazionali avevano parlato di difficoltà, addirittura di cancellazione, per gli scioperi in Israele del servizio diplomatico e dei dipendenti del ministero degli Esteri… Quel viaggio non è mai stato cancellato. Si trattava di ipotesi di alcuni giornalisti. Questo sciopero – che continua, per la verità, non è finito – certamente influirà un po’ sulla preparazione, ma il viaggio si farà. Speriamo che questo sciopero abbia fine e che anche Israele e gli israeliani abbiano la gioia di accogliere il Santo Padre. Speriamo bene.
E allora dopo le visite di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Papa Francesco come potrà confermare i fratelli di Terra Santa nella fede? Tocca a noi saper approfittare al massimo di questa bella voce profetica. E’ un padre che viene a pregare per noi, con noi, un padre che ama la preghiera, che ama la pace, che ama l’unità dei cristiani, che ama il dialogo. Verrà a sottolineare questi valori cristiani. a cura della Redazione Papaboys e di Giada Aquilino *
* la fonte dell’articolo è tratta da: radiovaticana.it
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