La sintesi dell’omelia della messa di Papa Francesco allo stadio nazionale di Bangkok nel suo viaggio apostolico in Thailandia.
Uscite con gioia “per condividere la vita nuova che viene dal Vangelo con tutti i membri della nostra famiglia che ancora non conosciamo”. Papa Francesco si rivolge così, in spagnolo, nella sera di Bangkok, ai 40 mila thailandesi raccolti nello stadio nazionale Supachalasai per la prima Messa nella “Terra dei liberi”, e ai 20 mila che assistono alla celebrazione attraverso i maxischermi nel vicino stadio Thephasadin.
La sua omelia è un invito continuo ai 400mila cattolici thailandesi a farsi discepoli missionari, decidendosi ad essere “parte viva della famiglia del Signore”, e quindi “condividendo come Lui ha fatto” con i fratelli che ancora non lo conoscono “l’abbraccio misericordioso e risanante di Dio Padre che ci rende famiglia”.
In una celebrazione animata dai canti di un coro interreligioso, il Papa fa memoria della grande opera evangelizzatrice dei primi missionari giunti nel Regno del Siam, i domenicani portoghesi Jeronimo da Cruz e Sebastiao da Canto, uccisi nel 1569, 450 anni fa. “Due soli missionari – ricorda Francesco – seppero trovare il coraggio di gettare i semi” che oggi stanno crescendo e germogliando in una varietà di iniziative apostoliche, “che hanno contribuito alla vita della nazione”. Un secolo dopo, nel 1669, venne creato il Vicariato apostolico del Siam, e il viaggio apostolico di Papa Francesco si inserisce in questo 350 esimo anniversario.
Questo anniversario non significa nostalgia del passato, ma fuoco di speranza perché, nel presente, anche noi possiamo rispondere con la stessa determinazione, forza e fiducia. È memoria festosa e grata, che ci aiuta ad uscire con gioia per condividere la vita nuova che viene dal Vangelo con tutti i membri della nostra famiglia che ancora non conosciamo.
Nel giorno nel quale la Chiesa fa memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria, il Pontefice commenta il Vangelo di Matteo incentrato sulla domanda di Gesù alla folla: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. E sulla sua risposta che spiazza: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre”. Così Cristo rompe, spiega Papa Francesco “ogni pretesa eccessiva di chi ritenesse di poter vantare diritti preferenziali su di Lui. Il Vangelo è un invito e un diritto gratuito per tutti quelli che vogliono ascoltare”.
“Le domande del Maestro” chiarisce il Papa, cercano di mettere in crisi “mettere in crisi, di scuotere e di invitare i discepoli a mettersi in cammino, per scoprire quella verità capace di dare e di generare vita”. Insomma “vogliono sempre rinnovare la nostra vita e quella della nostra comunità con una gioia senza pari”. E’ quello che è successo ai primi missionari: ascoltando la Parola del Signore “cercando di rispondere alle sue richieste”, videro “che appartenevano a una famiglia molto più grande di quella generata dai legami di sangue, di cultura, di regione o di appartenenza a un determinato gruppo”.
Così, prosegue Francesco, “si misero in cammino per cercare i membri di questa loro famiglia che ancora non conoscevano. Uscirono a cercare i loro volti”, quelli di “tante madri e fratelli thai che mancavano alla loro mensa domenicale”. Non solo, specifica il Pontefice, citando il Concilio, “per quanto avrebbero potuto offrire” loro, ma anche “per tutto ciò che da loro avevano bisogno di ricevere per crescere nella fede e nella comprensione delle Scritture”. Senza quell’incontro, ricorda Papa Francesco “al Cristianesimo sarebbe mancato il vostro volto; sarebbero mancati i canti, le danze che rappresentano il sorriso thai”.
Il discepolo missionario non è un mercenario della fede né un procacciatore di proseliti, ma un mendicante che riconosce che gli mancano i fratelli, le sorelle e le madri, con cui celebrare e festeggiare il dono irrevocabile della riconciliazione che Gesù dona a tutti noi: il banchetto è pronto, uscite a cercare tutti quelli che incontrate per la strada.
Rispondendo a questo invio del Signore, gli permettiamo, spiega il Papa, citando l’Evangelii gaudium, di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero. Siamo discepoli missionari, chiarisce Francesco, quando, come Gesù, non abbiamo paura di sederci a tavola con i peccatori, “per assicurare loro che alla tavola del Padre e del creato c’era un posto riservato anche per loro”. Toccando coloro che erano considerati impuri, “e lasciandosi toccare da loro, li ha aiutati a comprendere la vicinanza di Dio, anzi, a comprendere che loro erano i beati”.
Penso in particolar modo a quei bambini, bambine e donne esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica; a quei giovani schiavi della droga e del non-senso che finisce per oscurare il loro sguardo e bruciare i loro sogni; penso ai migranti spogliati delle loro case e delle loro famiglie, come pure tanti altri che, come loro, possono sentirsi dimenticati, orfani, abbandonati.
Lasciati, chiarisce il Pontefice, citando ancora l’Evangelii Gaudium, “senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita”.
Penso ai pescatori sfruttati, ai mendicanti ignorati. Essi fanno parte della nostra famiglia, sono nostre madri e nostri fratelli; non priviamo le nostre comunità dei loro volti, delle loro piaghe, dei loro sorrisi, delle loro vite; e non priviamo le loro piaghe e le loro ferite dell’unzione misericordiosa dell’amore di Dio.
“Andiamo avanti nel cammino – è l’invito finale di Papa Francesco alla cara comunità thailandese – sulle orme dei primi missionari, per incontrare, scoprire e riconoscere con gioia tutti i volti di madri, padri e fratelli che il Signore ci vuole regalare e mancano al nostro banchetto domenicale”. Al termine della celebrazione, il saluto del cardinale Francesco Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok e presidente della Conferenza episcopale della Thailandia, che ricorda il “processo per la rinascita della nostra vita di fede” avviato dopo l’ esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, di Papa Francesco.
“Negli anni 2014 – 2015 – sottolinea il porporato – abbiamo riflettuto sulla nostra vita cristiana nel corso del primo concilio plenario della Chiesa cattolica in Thailandia. Ci siamo impegnati quindi tutti insieme a diventare da discepoli di Cristo a discepoli missionari di Cristo, testimoniando Cristo attraverso la nostra vita cristiana a livello personale e a livello di comunità di fede. Allo stesso modo ci impegniamo ad annunciare la civiltà dell’amore di Cristo a tutti i nostri fratelli e sorelle thailandesi nella società in cui viviamo”.
Fonte vaticannews.va – Alessandro Di Bussolo
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