Paolo Ondarza – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Tante mani levate al cielo acclamano il Vescovo di Roma nello Stadio dei Martiri di Kinshasa, pienissimo: oltre 65mila i presenti. Musica e applausi, percussioni e bandierine colorate accompagnano l’arrivo in papamobile. Espressione di festa e gioia contagiosa e incontenibile manifestate da canti, balli e costumi tradizionali.
Sono le mani dei giovani congolesi, accorsi insieme ai loro catechisti, ad un incontro lungamente atteso: presentano al Papa la loro vita, le attese, i problemi, il loro anelito all’onestà e al bene. “Vogliamo la pace in RDC” si legge su alcuni cartelli scritti in italiano. Francesco invita tutti a cantare insieme e stringere la mano del vicino e alla consapevolezza di essere un’unica Chiesa e che le mani di ognuno sono indispensabili alla costruzione della pace, di un futuro diverso per la Repubblica Democratica del Congo:
Il vostro Paese torni a essere, grazie a voi, un giardino fraterno, il cuore di pace e di libertà dell’Africa!
“Giovane”, esorta, “dalle tue mani può venire la pace che manca a questo Paese”. La forza di ciascuno è nella liberà di scegliere il bene, senza “lasciarsi inghiottire dalla palude del male”. Nessuna mano è uguale all’altra: ognuna può costruire o distruggere, amare o odiare.
Alle dita della mano il Pontefice associa cinque diversi ingredienti per edificare un futuro di pace. Pollice, indice, medio, anulare e mignolo – suggerisce – possono orientarci ad individuare le priorità che orientano nella confusione: preghiera, comunità, onestà, perdono e servizio.
Sebbene possa sembrare una realtà astratta – osserva Francesco – la preghiera è l’arma più potente, apre sempre nuove possibilità, aiuta a vincere le paure e ricorda che da soli non ce la facciamo. Chi crede di essere onnipotente infatti fallisce.
È come un albero sradicato: anche se grande e robusto, non si regge in piedi da solo. Ecco perché bisogna radicarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, che ci permette di crescere ogni giorno in profondità, di portare frutto e di trasformare l’inquinamento che respiriamo in ossigeno vitale. Per farlo, ogni albero ha bisogno di un elemento semplice ed essenziale: l’acqua. Ecco, la preghiera è “l’acqua dell’anima”.
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