Ecco la sintesi della catechesi di Papa Francesco in Piazza San Pietro per l’udienza del Mercoledì
La zizzania del chiacchiericcio
“Qual è la peggiore zizzania che distrugge una comunità? La zizzania della mormorazione, la zizzania del chiacchiericcio”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla figura di Santo Stefano, il primo martire cristiano. “Come armonizzare le differenze che coabitano al suo interno senza che accadano contrasti e spaccature?”. È questo, ha ricordato Francesco, uno dei primi problemi che si è trovata ad affrontare la comunità cristiana, secondo quanto attesta il libro degli Atti degli Apostoli. “I problemi ci sono stati sempre, dall’inizio”, ha aggiunto a braccio. “La comunità non accoglieva solo i giudei, ma anche i greci, persone provenienti dalla diaspora, con cultura e sensibilità proprie”, ha spiegato il Papa: “Anche con un’altra religione, noi oggi diciamo pagani, e questi erano accolti”, ha aggiunto a braccio.
“Questa compresenza determina equilibri fragili e precari; e dinanzi alle difficoltà spunta la zizzania”. Di fronte a questo problema , gli apostoli “avviano un processo di discernimento che consiste nel considerare bene le difficoltà e cercare insieme delle soluzioni. Trovano una via di uscita nel suddividere i vari compiti per una serena crescita dell’intero corpo ecclesiale e per evitare di trascurare sia la “corsa” del Vangelo sia la cura dei membri più poveri”. “Gli apostoli sono sempre più consapevoli che la loro vocazione principale è la preghiera e quella predicare la Parola di Dio”, ha proseguito Francesco: “Ambedue, pregare e annunciare il Vangelo”, ha aggiunto ancora fuori testo.
Il diacono
“I diaconi sono creati per questo, per il servizio: il diacono, nella Chiesa, non è un sacerdote di seconda, è un’altra cosa”.Il papa facendo riferimento ai “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza i quali, dopo aver ricevuto l’imposizione delle mani, si occuperanno del servizio delle mense”, secondo quanto stabilito dagli apostoli e riportato nel libro degli Atti. Il diacono “non è per l’altare, è per il servizio: è il custode del servizio per la Chiesa”, ha proseguito Francesco ancora fuori testo: “Quando a un diacono piace andare sempre all’altare, sbaglia: questa non è la sua strada”. “Questa armonia tra servizio alla Parola e servizio alla carità rappresenta il lievito che fa crescere il corpo ecclesiale”, ha garantito il Santo Padre.
La calunnia uccide sempre
“Noi sappiamo che la calunnia uccide, sempre”. Lo ha ripetuto, a braccio, il Papa, che ha definito la calunnia un “cancro diabolico” che “nasce dalla volontà di distruggere la reputazione di una persona, aggredisce anche il resto del corpo ecclesiale e lo danneggia gravemente quando, per meschini interessi o per coprire le proprie inadempienze, ci si coalizza per infangare qualcuno”. Tra i sette “diaconi” della prima comunità cristiana, ha fatto notare Francesco, “si distinguono in modo particolare Stefano e Filippo”: “Stefano evangelizza con forza e parresia, ma la sua parola incontra le resistenze più ostinate. Non trovando altro modo per farlo desistere, i suoi avversari scelgono la soluzione più meschina per annientare un essere umano, cioè la calunnia e falsa testimonianza”.
“Falsi testimoni”, quelli che accusano Stefano: “lo stesso avevano fatto con Gesù e lo stesso faranno con tutti i martiri: falsi testimoni, calunnie”, ha commentato il Papa a braccio. Stefano, da parte sua, “non usa mezze parole, parla chiaro, dice la verità”, ha affermato ancora fuori testo il Santo Padre: “Questo provoca la reazione violenta degli uditori, e Stefano viene condannato a morte, condannato alla lapidazione. Egli però manifesta la vera ‘stoffa’ del discepolo di Cristo. Non cerca scappatoie, non si appella a personalità che possano salvarlo, ma rimette la sua vita nelle mani del Signore”. “E la preghiera di Stefano è bellissima in quel momento”, ha detto a braccio Francesco nel citarla: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. “E Stefano muore da figlio di Dio perdonando: ‘Signore, non imputare loro questo peccato’”.
I martiri non sono ‘santini’
“Non sono i bei discorsi a rivelare la nostra identità di figli di Dio, ma solo l’abbandono della propria vita nelle mani del Padre e il perdono per chi ci offende, ci fano vedere la qualità della nostra fede. La Chiesa di oggi è ricca di martiri”. Così il Papa ha sintetizzato la figura di Stefano, primo martire cristiano. “Oggi ci sono più martiri che al tempo dell’inizio della Chiesa”, ha commentato a braccio durante l’udienza di oggi: “I martiri sono dappertutto. La Chiesa è irrigata dal loro sangue che è ‘seme di nuovi cristiani’ e assicura crescita e fecondità al popolo di Dio”. “I martiri non sono ‘santini’, ma uomini e donne in carne e ossa”, ha ammonito Francesco, che – come dice l’Apocalisse – “hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Essi sono i veri vincitori”.
“Chiediamo anche noi al Signore che, guardando ai martiri di ieri e di oggi, possiamo imparare a vivere una vita piena, accogliendo il martirio della fedeltà quotidiana al Vangelo e della conformazione a Cristo”, l’invito finale della catechesi, pronunciata davanti a 12mila fedeli.
Testo tratto da agensir.it